“Io sono giunto alla conclusione che tutto ciò che di economia mi hanno insegnato alla università gli esperti
della materia si è rivelato totalmente falso!”(F.D.Roosvelt a sir Halifax, il 10.08.1941, durante l’Atlantic round)
Questa frase venne rivolta in via confidenziale dal Presidente USA al
plenipotenziario inglese il 10.08.1941, durante l’Atlantic Round, ovvero durante
la tornata di incontri anglo-americani in cui si decise, con gli USA ancora
neutrali, l’assetto monetario e finanziario da dare al pianeta terra una volta
sconfitto Hitler. La frase non è solo di una gravità estrema, ma ha pure
dell’incredibile poiché non afferma che il Pensiero economico presenti una o più
lacune, qualcuna delle quali anche grave, bensì sostiene con candore e decisione
che tutto l’impianto teorico del Pensiero economico pseudoliberista allora (come
oggi) egemone, il c.d. Pensiero Unico in economia, è destituito del minimo
fondamento scientifico, ovvero è un castello di aporie, bugie e sciocchezze del
tutto inutilizzabile scientificamente. Perché F.D.Roosvelt fa con nonchalance una
affermazione di una tale gravità e perché sir. Halifax non fa una piega mentre lo
ascolta e non replica in alcun modo? Perché nessun economista, nessun
pubblicista e nessun politico ha mai detto pubblicamente qualcosa di simile
prima e dopo questo incredibile colloquio? Perché ancora oggi nessuno mette in
dubbio la scientificità del c.d. Pensiero Unico in economia e la storicità delle sue
affermazioni, nemmeno gli esponenti politici delle opposizioni più dure?
Il fatto è che il Pensiero Unico è un sistema teorico che altera dal punto di vista
fattuale e storico i fatti economici significativi e poi li collega funzionalmente tra
di loro in modo assolutamente scorretto, ma avendo l’accortezza di giustificare
ogni fatto e relazione rinviando ad altre circostanze di fatto pure false e ad altre
relazioni altrettanto ingiustificate, che a loro volta vengono giustificate allo
stesso modo, rinviando ad altre relazioni e ad altri fatti arbitrari, e così via
all’infinito, com’è proprio di ogni cosmologia “rivelata” e di ogni sistema di
pensiero autoreferente!
La complessità, si sa, è in sé “modellante” ed altrettanto lo è ciò che costituisce
“tradizione”. Una tradizione scientifica complessa pesa pertanto come un
macigno sulla carriera (anche finanziaria) di ogni critico che volesse
rivoluzionarla e la storia del pensiero scientifico è piena di questo genere di
contrasti e difficoltà. Come disse Khun, del resto: “un nuovo paradigma o
progresso può essere ottenuto dalla scienza solo con una sorta di massiccia
rivoluzione nel pensiero umano”.
Se ciò è vero in generale, che dire quando l’accoglimento del nuovo paradigma
destituisce di ogni legittimità la classe sociale che detiene la egemonia nel
capitalismo moderno e fa crollare tutto il suo sistema di alleanze e deferenze
sociali? Che dire quando la sezione apicale del blocco sociale dominante ne esce
completamente delegittimata e viene distrutta alla radice ogni sua minima ragion
d’essere economica, tanto da fare impallidire il ricordo delle critiche borghesi
verso l’ancient regime?
E’ appunto a causa di questa egemonia culturale che nonostante tutto le critiche
al Pensiero Unico tendono a restare confinate all’interno del suo stesso sistema di
Pensiero. Esse stentano cioè a “farsi sistema”, al pari delle critiche al sistema
tolemaico, che non riuscirono a dare ragione delle sue aporie finchè Copernico
non mise in discussione il suo fondamento, ovvero la visione geocentrica! Ed il
Pensiero Unico è messo perfino peggio della visione tolemaica, poiché non se ne
salva praticamente nulla: è infatti assolutamente infondata la sua interpretazione
del funzionamento del circuito capitalistico, l’idea che ha della Moneta,
dell’inflazione, del cambio, dell’Import-Export, del credito e della borsa, delle
determinanti degli Investimenti e di cosa sia Investimento e cosa sia solo
impiego speculativo del denaro, e mille altre cose, fondamentali e non. Può dirsi
scientifico un Pensiero economico che commette così tanti errori sugli aspetti più
rilevanti della economia? Certamente no, ma tant’è siamo qui a parlarne!
In estrema sintesi, il P.U. tenta di accreditare l’idea che ogni tentativo di
espandere la Domanda interna sia inflativo, per cui renderebbe meno
competitiva la produzione nazionale, farebbe fuggire i Capitali, farebbe crollare
la borsa e farebbe svalutare il cambio della Moneta nazionale. Contraendosi in
tutti i paesi retribuzioni e welfare per acquisire una sempre maggiore
competitività internazionale e rifiutandosi tutti di fare da “locomotiva”, però, la
recessione internazionale diventa inevitabile. Ed è cronaca!
Insomma, se fossero corrette queste analisi (e, come vedremo, non lo sono
affatto), l’economia internazionale sarebbe una sorta di gioco “a somma zero”,
nel quale lo sviluppo di una qualsiasi area potrebbe avvenire solo al prezzo della
recessione in qualche altra area, senza il minimo progresso etico e tecnico
rispetto alle guerre intertribali del paleolitico per la conquista dei territori di
caccia e con la paradossale conclusione che solo il sistema pianificato potrebbe
consentire il superamento di questa contraddizione intrinseca del capitalismo la
cui esistenza discende implicitamente dall’accettazione teorica del “modello” del
Pensiero Unico.
Orbene, non solo il P.U. pretende che questo sia l’unico modo possibile di
organizzare la produzione capitalistica, ma pretende pure che sia la
capitalizzazione di borsa il fattore capace di assicurare equilibrio e sviluppo,
fornendo sia i Capitali necessari a sorreggerlo, sia il maggiore Reddito che
giustifica i Consumi che ne trainano gli Investimenti e l’Occupazione. Il tutto in
un contesto di inflazione bassa, alta competitività internazionale e Moneta
nazionale “forte”, obiettivi che verrebbero conseguiti comprimendo
parallelamente retribuzioni e welfare, ovvero i Consumi popolari interni.
Va innanzitutto sottolineata, dunque, la logica classista di un tale argomentare, in
quanto un equilibrio e/o uno sviluppo che venisse così perseguito comporterebbe
la sostituzione progressiva di Consumi di lusso dei ceti possidenti ai Consumi
popolari, i quali verrebbero appunto compressi per “pompare” i primi … al fine
di perseguire l’equilibrio generale del sistema. Come dire, che ciò sarebbe
“tecnicamente” necessario e non una semplice opzione politica! Ed infatti tutto il
P.U. è una monumentale costruzione teorica sfacciatamente giustificativa degli
interessi di classe dei ceti possidenti, segnatamente parassitari. Soprattutto, però,
è una costruzione teorica … totalmente falsa! Più in dettaglio:
1)il P.U. propone ad ogni paese di propellere Investimenti, Occupazione e
Reddito grazie ad una sempre maggiore competitività internazionale da
conseguire abbassando progressivamente i costi di produzione interni
(segnatamente retribuzioni e welfare). Orbene, al di la di ogni considerazione
etico-sociale, abbiamo già anticipato che questo è un “modello” impossibile: uno
sviluppo che poggi sull’Esportare più di quanto si Importa, infatti, potrebbe
avvenire solo per alcuni paesi, solo per qualche tempo ed in ogni caso solo a
scapito degli altri paesi, mai per tutti contemporaneamente. In più, per
conseguire questo “lodevole” obiettivo, ogni paese dovrebbe contrarre
progressivamente i propri Consumi interni pubblici e privati per sostituirli con
una quantità maggiore di Consumi espressi dai cittadini delle altre aree
concorrenti, ma queste, a loro volta, in applicazione del medesimo modello,
contrarrebbero i loro Consumi interni proprio per tentare di Esportare di più …
nel primo paese. Bingo!
2)gli accordi di cartello, inoltre, costringono tutte le imprese che vi partecipano a
praticare gli stessi prezzi mercato per mercato indipendentemente
dall’andamento dei costi interni, dalle varie inflazioni e dalle vicende dei cambi,
rendendo così l’Export-Import assai poco sensibile alle variazioni dei costi
interni ad ogni area valutaria. Né va dimenticato che è comunque invincibile la
concorrenza “sleale” delle multinazionali delocalizzate in aree dove producono
sottocosto nel massimo scempio della natura e dell’uomo per poi Esportare al
95% nelle aree sviluppate;
3)pertanto, quando calano “costi” che nel contempo sono anche un Reddito che
viene speso per Consumi sul mercato interno senza che questo calo possa essere
più che compensato da un significativo miglioramento del saldo Export-Import,
cala la Domanda complessiva a disposizione per le imprese nazionali, e queste
non possono fare altro che contrarre Investimenti e Occupazione per ridurre
conformemente l’Offerta, avviando una spirale recessiva che, com’è ormai
notorio da più di 70 anni grazie a Keynes, è perfino multipla rispetto alla
contrazione iniziale della Domanda (c.d. “moltiplicatore keynesiano)!
4)la circostanza più significativa che viene sistematicamente misconosciuta,
però, è che la produzione capitalistica ha un funzionamento “circolare” tale per
cui, affinché possa “chiudersi” il c.d. “circuito Denaro-Merce-Denaro”,
occorrerebbe che la Domanda che da vita a ogni nuovo ciclo sia almeno pari a
quella che aveva dato vita al ciclo precedente. Orbene, ciò è assolutamente
impossibile per via della circostanza, assolutamente ignorata, che mentre i
Risparmi medi sono circa il 20% del PIL, gli Investimenti produttivi sono di
media appena il 4% del PIL. Da questa acquisizione discendono due
importantissime conseguenze: a)che non esiste affatto nessuna “fame” di
Capitali, come (nel solo interesse della Rendita) vorrebbe invece far credere il
P.U., visto che già solo i Risparmi di inizio-ciclo sono in esubero rispetto alle
esigenze produttive; b)che esiste semmai un “gap” di Domanda pari a questa
differenza (16% PIL) che va in qualche modo colmato, pena l’implosione
progressiva dell’intero sistema. Serve cioè una Domanda “esterna” ad ogni
circuito D-M-D, pari ad almeno il 16% del PIL prodotto all’interno di ciascuno
di essi, mentre sappiamo, come abbiamo appena visto, che essa non può essere
coperta con un saldo attivo dell’Export-Import se non per qualche paese soltanto
e per brevi periodi di tempo, laddove contrarre retribuzioni e welfare avrebbe
solo l’effetto di allargare recessivamente questo “gap” provocando ulteriore
contrazione di Investimenti, Occupazione e Reddito.
5)orbene, per quanto incredibile, questo “gap” viene normalmente colmato
finanziando con Moneta creditizio-cartolare “allo scoperto” tanta Domanda
quanta ne serve per “chiudere” il circolo D-M-D (o perfino espanderlo), a totale
insaputa di una opinione pubblica cui si racconta invece la favoletta edificante
del Risparmio quale “motore” del capitalismo e che la Domanda creerebbe solo
inflazione, fughe di Capitali, svalutazione del cambio, ecc.
6)spostando quindi l’attenzione sulla Moneta e sull’inflazione, chiariamo subito
che, contrariamente a quanto sostiene il P.U., non esiste affatto, ne deve esistere,
alcun rapporto 1:1 tra la Moneta e ciò che essa “compra”, pena l’iperinflazione:
A)in primo luogo, va ricordato che perché possano aumentare i prezzi quando
aumenta la Domanda occorre che non aumenti parallelamente l’Offerta, poiché
in tal caso i prezzi non potrebbero che restare invariati. Ed infatti sono i trust che
nelle fasi espansive sottoproducono volontariamente secondo la stessa logica
usata dall’ingrosso agroalimentare quando distrugge periodicamente derrate “in
eccesso” (dal suo punto di vista) per fare salire i prezzi sino al livello che gli
consente di lucrare il massimo Profitto percentuale. Nelle fasi recessive, poi,
perché i prezzi possano salire nonostante la Domanda cali o resti stagnante,
occorre che l’Offerta … cali ancora di più di quanto cala la Domanda! Ed infatti
sono ancora una volta i trust che nella “stagflation” strozzano l’Offerta più
ancora della Domanda, contro ogni logica di mercato e questa volta per fini
strategici. L’inflazione è dunque “volontaria”, per cui non la si contrasta mai
contraendo la Domanda con la così detta “deflazione” (la quale è
necessariamente e soltanto recessiva), ma solo con il calmiere all’ingrosso!
B)in secondo luogo, va chiarito che è enorme (sembra che potrebbe comprare
circa 5 volte il pianeta) la Moneta creditizia creata “allo scoperto” dalle banche
grazie al c.d. “moltiplicatore dei depositi bancari”. Si pensi che Basilea2 fissa la
riserva prudenziale, per tutte le banche dell’eurozona, al 2% degli assets (ovvero
delle attività di qualunque genere, non dei soli depositi, come al massimo ci si
aspetterebbe). Ne consegue che esse possono prestare Moneta creditizia non
esistente nelle loro casse, purchè l’importo massimo di questa Moneta creditizia
“creata dal nulla” sia contenuto entro quell’importo … il cui 2% sia costituito dai
loro assets: per ogni Mld di assets, dunque, possono creare dal nulla e prestarli
fino a 49 Mld di euro, poiché 49+1=50 e il 2% di 50 =1! E per i colossi bancari
USA, si parla di una moltiplicazione compresa tra 1000 e 100.000, se non
perfino … infinita! E si consideri che buona parte di questa Moneta bancaria
“virtuale” viene immessa nel circolo D-M-D grazie a prestiti “facili” concessi ai
propri “protetti” e a proprie filiazioni occulte, e poi loro rinnovati a ogni
scadenza, laddove tutti i prestiti che vengono restituiti solo in parte, qualunque
sia la ragione per cui avviene, non vengono più “nullificati” e fanno
necessariamente “saltare” quel mitico rapporto 1:1 supposto dal P.U.!
C)in terzo luogo, va considerato che è addirittura decine di volte maggiore la
Moneta cartolare creata dal nulla in borsa e fuori dalla borsa con gli strumenti
della finanza “creativa” e con la speculazione: quando sale, ad esempio, l’indice
di borsa senza che cresca parallelamente la ricchezza “reale” che i titoli
dovrebbero rappresentare, non c’è nessuna crescita “reale” ma si registra solo
una inflazione speculativa dei cespiti che consente ai loro detentori di acquistare
con i medesimi cespiti, inflazionati dalla speculazione, più beni e più lavoro di
prima, senza dunque in realtà pagarli davvero! Lo stesso avviene con la grande
massa dei derivati speculativi Ford piuttosto che GM o petroliferi, che non
vengono emessi dalla Ford piuttosto che dalla GM o dalle imprese petrolifere,
ma vengono “creati” dai colossi bancari USA e quindi vicendevolmente comprati
e venduti in massima parte tra loro stessi, rinnovando continuamente il
meccanismo ad ogni scadenza in un crescendo rossiniano che ha
progressivamente portato lo stock di Moneta cartolare costituita dai soli derivati
speculativi ad un ammontare oggi stimato tra 16 e 20 volte il PIL-mondo! E’ solo
a causa dei derivati speculativi sul petrolio che la sua quotazione è salita sino a
$150 al barile per poi scendere rapidamente sino a 30 e risalire poi fino a 60. Si
pensi, infatti, che nel 2006 per ogni barile “fisico” di petrolio ben 1250 ne
venivano scambiati di virtuali con i derivati speculativi sul petrolio e nel 2008
perfino 100.000! Ed è stato solo a causa dei derivati speculativi sul petrolio ed a
quelli sui “subprime” (e non a causa dei subprime, come si è cercato di
accreditare per scaricare ogni responsabilità su quei pochi americani che non
erano riusciti a pagare una piccola percentuale aggiuntiva dei mutui-casa meno
garantiti) che si è generata la crisi che ha rischiato e rischia tutt’ora di travolgere
l’intero sistema creditizio-cartolare mondiale. Una crisi assai sospetta sotto ogni
profilo, non fosse altro che perché i derivati sui subprime erano stati fino a poco
prima acquistati e venduti vicendevolmente dalle grosse banche d’affari collegate
alle loro “sorelle” USA consorziate sin dal lontano 1913 nella Federal Reserve
stando attenti a bilanciare i “vincenti” con i “perdenti”, mentre la Lehman Bros.,
con i libri “certificati” il venerdì li ha portati in tribunale il lunedì successivo per
un “buco” di, pare, circa $1.000 Mld, dovuto ai derivati “perdenti” presenti nel
suo bilancio, derivati che erano nello stesso momento “vincenti” per le altre
banche d’affari sue “sorelle”: un fallimento intergruppo, dunque, che si sarebbe
agevolmente evitato semplicemente “bilanciando” i “vincenti” con i “perdenti”
all’interno del gruppo facente capo alla Federal Riserve. Scelta politica, dunque!
Stiamo parlando, in definitiva, di una gigantesca Moneta cartolare che è solo
“virtuale”, perchè priva della minima base “reale”, ma con la quale si possono
ugualmente comprare imprese, immobili e tutto ciò che si vuole. Una Moneta
“virtuale” che, al pari della Moneta creditizia “virtuale” di cui abbiamo già detto,
consente perfettamente alla medesima ristretta elite creditizio-finanziaria
internazionale che la crea dal nulla e la gestisce di comprare “senza pagare”
tutto e tutti nel mondo (al pari di come farebbe più in piccolo qualsiasi falsario di
banconote) nel che, oltretutto, è l’essenza del prelievo feudale!
7)Altro che rapporto 1:1 tra la Moneta ed i beni e i servizi che essa compra,
dunque! In realtà esistono infatti due circuiti capitalistici ben distinti tra loro: da
un lato, il circuito D-M-D di cui abbiamo già detto, nel quale il denaro si
trasforma in una quantità maggiore di denaro attraverso la sua previa
trasformazione in “merce” per il mercato grazie alla contemporanea applicazione
della intelligenza e della fatica umane alla trasformazione fisica della natura, e,
dall’altro lato, il circuito squisitamente finanziario, il c.d circolo Denaro-Denaro,
cui abbiamo già accennato, nel quale il denaro si trasforma in una quantità
maggiore di denaro senza alcun rapporto con la creazione di ricchezza “fisica”,
consentendo dunque un corrispondente prelievo feudale praticato ai danni del
resto della società civile. Finchè la creazione di nuova Moneta resta confinata al
circuito D-D gli unici contraccolpi sul circolo D-M-D si limitano alla
redistribuzione regressiva del Reddito. Quando invece la nuova Moneta finanzia
“allo scoperto” una qualsiasi nuova Domanda, i suoi effetti sul circolo D-M-D
sono diretti e ingentissimi, poiché rende profittevole Investire ed Occupare di più
per produrre l’Offerta aggiuntiva che la soddisfa, consentendo perfino di colmare
il famoso “gap” di sottoconsumo di inizio-ciclo di cui stiamo parlando (pari,
come già visto, al 16% del PIL) e di “chiudere” in definitiva il circolo D-M-D!
Che poi si tratti di armamenti piuttosto che di spese faraoniche delle elite
creditizio-finanziaria e dei loro alleati di classe finanziati “allo scoperto” con
crediti “facili” e con l’inflazione speculativa dei cespiti mobiliari (e immobiliari),
anziché di Consumi popolari pubblici e privati finanziati con il “collocamento
elettronico” del debito pubblico (oggi circa il 90-95%), nulla cambia dal punto di
vista tecnico-funzionale poiché “funziona” comunque. Ciò che cambia, e anche
di molto, è invece il tasso di eticità sociale del sistema distributivo e il tasso di
democraticità del sistema politico.
SINTESI
Il capitalismo, come tutti i modi di produzione mercantili, nasce (e poi vive e
prospera) grazie alla preesistenza di una Domanda a lui “esterna”, vuoi perché
proveniente dal suo esterno geografico, vuoi perchè proveniente da soggetti
organizzati in modo non capitalistico pur viventi al suo stesso interno geografico.
Questa Domanda “esterna”, in prima battuta, rende profittevole Investire ed
Occupare mano d’opera per produrre l’Offerta che la soddisfa, ma, in seconda
battuta, provoca pure lo sviluppo di ulteriori rapporti capitalistici, quelli diretti
alla produzione dell’Offerta che soddisfa la Domanda che si rivolgono
vicendevolmente i soggetti che si sono staccati dai precedenti rapporti
precapitalistici e si sono organizzati nella produzione capitalistica dell’Offerta
diretta all’esterno. Una distinzione fondamentale che tuttavia solo l’occhio della
mente può cogliere.
Orbene, noi sappiamo anche altre due cose importantissime, ovvero: a)che oggi
questa Domanda “esterna” è pari a circa il 16% del totale e quella “interna” è
pari all’84% restante; b)che sempre meno nel tempo (e ormai quasi per nulla) si
tratta di una Domanda “esterna” in senso geografico, ovvero di un saldo attivo
dell’Export-Import, bensì … di una Domanda che è “esterna” solo in senso
logico-funzionale, in quanto finanziata “allo scoperto” con una Moneta
creditizio-cartolare che è priva di qualsiasi contropartita “reale”, vuoi perché
creata dal nulla con il moltiplicatore dei depositi bancari o con gli strumenti della
“finanza creativa”, vuoi gonfiando speculativamente l’indice di borsa, vuoi con il
“collocamento elettronico” presso le banche di quantità gigantesche di un debito
pubblico che, essendo scambiato con Moneta creditizia virtuale, è pertanto solo
virtuale anch’esso (in Italia, oggi, circa il 90-95% del totale) e, finchè avviene
presso banche pubbliche (com’era prima della loro privatizzazione a prezzi
sottomultipli dei soli bot ivi collocati), venendo a coincidere la figura del
debitore (lo stato) con quella del creditore (le banche statali), costituisce per
giunta una semplice “partita di giro”. Con la c.d. “finanza allegra”, dunque! Una
“finanza allegra” mista di pubblico e privato. Non quella che si insegna e studia,
quella fatta dallo Stato quando spende carta-moneta priva di copertura (che,
oltretutto, funziona benissimo anch’essa).
E’ questo, dunque, il segreto dei segreti, un segreto da difendere ad ogni (altrui)
costo! Una volta svelato, infatti, non è più possibile sostenere la necessità
“tecnica” di contrarre retribuzioni e welfare e di privilegiare i detentori di
Capitali, e la questione principale diventa il controllo democratico o non
democratico del tipo di Domanda “esterna” da finanziare “allo scoperto” per
“chiudere/espandere” il circolo D-M-D.
Ecco pertanto qual’è la oggettiva funzione svolta dal Pensiero pseudoliberista
“totalmente falso” di cui parlavano Roosvelt e Halifax (il c.d. Pensiero Unico in
economia): impedire ogni consapevolezza per bloccare alla radice ogni
rivendicazione politico-sociale dell’intero mondo del lavoro (inclusivo delle
maestranze e delle imprese medio-piccole) e lasciare che queste scelte vengano
prese al di fuori di ogni controllo democratico dalla ristretta elite (tecnicamente,
“feudale”) che crea e manovra la Moneta creditizio-cartolare “allo scoperto” con
cui, come abbiamo visto, compra “senza pagare” tutto e tutti nel mondo,
controlla e ricatta i vari governi e determina: 1)la distribuzione sociale del
Reddito, in funzione della quantità di Consumi popolari pubblici e privati o di
Consumi di lusso dei ceti possidenti e/o parassitari così finanziati ed in funzione
del tasso di inflazione non rilevata ufficialmente: negli ultimi 10 anni, in Italia,
ad esempio, circa il 3% annuo, dimezzando così surrettiziamente e con la
copertura omertosa di scienza, media e politici sia le retribuzioni che il welfare
“reali”; 2)il tasso e l’allocazione geografica dello sviluppo come della recessione,
semplicemente chiudendo o non chiudendo di più o di meno il “gap” con la
propria (e non statale) Moneta virtuale! Sono infatti Moneta a ogni effetto sia la
Moneta creditizia, inclusa quella creata allo scoperto e non più nullificata, sia la
Moneta cartolare, inclusa la “bolla” speculativa di borsa, sia tutti i bot collocati
elettronicamente. Ed allora sia finalmente statale ogni forma di Moneta!
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