Il Tribunale Penale di Trani ha assolto gli esponenti delle “Società di “rating”, che avevano declassificato il “rating” dei titoli del debito pubblico italiano, dal reato di manipolazione del mercato. L’indagine fu impiantata prima e poi tenuta in piedi da un coraggioso e validissimo P.M., che alla fine si è dovuto arrendere di fronte alla differenza di forze in campo rispetto alle Società di “rating” che hanno fatto ricorso ad un esercito di fuoriclasse, rappresentati da avvocati e consulenti tecnici di parte (esperti nel settore finanziario), mentre il PM ha dovuto fungere da “Oratio sol contro Etruria tutta”. Per pronunciarsi sul punto, occorre aspettare le motivazioni: al momento, sembra che il disvalore del comportamento delle società di “rating” non sia escluso, solo che non è stato ritenuto tale da assurgere al livello di reato.
I liberali di casa nostra hanno esultato, anche in maniera non composta (del tutto fuori luogo, da un punto di vista sia formale sia sostanziale, le osservazioni di Alessandro De Nicola, estremista liberista, su “Repubblica”, un tempo autorevole testata di sinistra, o meglio, ancora autorevole testata ed ancora sedicente di sinistra, ma solo sedicente), accusando il PM di irresponsabilità e di commistione di piani tra economia e diritto penale. Il vero è che le società di “rating” erano collegate alle “investment bank” che hanno stipulato in massa operazioni di “credit default swap” speculativi sui titoli del debito pubblico greco e italiano, vale a dire operazioni di acquisto della garanzia del credito da parte di chi non era creditore, che pertanto a nient’altro puntava che alla speculazione: ma si trattava di una speculazione non fine a sé stessa, bensì dotata di un ulteriore elemento che l’ha caratterizzata in modo veramente diabolico, vale a dire l’essere a danno della tenuta di Stati sovrani (Grecia ed Italia), ponendo in essere dei veri e propri tentativi di colpo di Stato non cruento a danno degli stessi Stati sovrani.
Le società di “rating”, abbassando il “rating” di tali Stati, hanno sostenuto attivamente il comportamento delle “investment bank”. Non a caso, subito dopo i fatti di causa, vale a dire a fine 2012, Draghi, nel ruolo appena assunto di Presidente della BCE, ha fatto sì che venisse approvata una normativa comunitaria in grado dl limitare fortemente questo tipo di operazioni. Ed in America, quando il bilancio non è stato approvato per un notevole lasso temporale a causa dello stallo tra Obama e il Congresso, ben ci si è guardati dal compiere operazioni analoghe, a conferma delle ragioni non tecniche a supporto delle stesse. Ma ciò detto, non ci si vuole sostituire alla sentenza e ritenere che gli estremi del reato vi fossero: quello che conta è che la sentenza ha escluso il reato e se ciò verrà confermato negli ulteriori gradi, questa –e non altra- sarà la verità legale. Per un’analisi seria, che rispetti la verità legale ma approfondisca la questione in termini globali, occorre partire dai dati di fatto, vale a dire dalla circostanza che le Società di “rating” hanno emesso il proprio verdetto non solo in conflitto di interessi, ma anche in appoggio ad una manovra tesa ad attentare alla sovranità di due popoli, utilizzando strumenti del mercato degli investimenti finanziari. Vi è stato –sembra ombra di dubbio- un abuso teso a soggiogare il mercato finanziario e la democrazia politica. Se non è reato nient’altro vuol dire che, nel nostro ordinamento, gli abusi più gravi finanziari sono legalizzati. “Tertium non datur”.
La sentenza di Trani costituisce la resa del diritto di fronte al capitale finanziario: un PM coraggioso e abile non è sufficiente per evitare l’abdicazione. Ma perché vi è tale abdicazione? Per rispondere ala domanda, deve essere chiaro che il risultato vero di un’indagine spassionata è che Stato e mercato non esistono più, mere prede di un capitale finanziario illecito ed abusivo. Ed allora, l’abdicazione è tutta qui. Ed ancora, se non si impugna e non si ribalta la sentenza di assoluzione, l’abdicazione è senza limite. Poi,sia ben chiaro, la normativa può –“rectius”, deve- essere cambiata anche con l’introduzione di un reato di illecito finanziario ed economico in grado di colpire gli abusi più gravi, superando eventuali dubbi, e con controlli rigorosi e di commissariamento da parte delle Autorità, ma se non si abbandona l’idea, lucidamente espressa da De Nicola, che sia precluso all’Autorità Giudiziaria di entrare nel merito dell’operazione economica, si è disarmati di fronte ad un’economia palesemente ed irrimediabilmente illecita.
Per concludere, un’osservazione sistematica: la dissoluzione dello Stato e del mercato conferma che siamo al di fuori della democrazia; ma non siamo semplicemente nella “post-democrazia” di Crouch, in quanto non viene ad essere incisa solo la capacità decisionale dei rappresentanti popolari, ma è lo stesso meccanismo istituzionale dello Stato ad essere privo di senso. Si è avverata la fine dello Stata preconizzata da Marx anche se non a favore di una società di liberi produttori associati. Ma non solo, non solo vi è la dipendenza dello Stato dal capitale finanziario, come previsto in Marx, ma si è andati ben oltre, realizzando una totale occupazione, in modo che lo Stato ha perso qualsivoglia autonomia, anche relativa come invece riteneva il compianto Poulantzas. Pertanto, la tutela dello Stato e del mercato rappresentano la prima base di partenza per la lotta al capitale finanziario. E’ una situazione paradossale per cui il liberalismo difende un sistema del tutto in violazione dei principi fondamentali della liberal-democrazia ed addirittura del liberismo, mentre gli stessi principi sono difesi dalla sinistra non moderata, che d’altro canto si discosta dalla distinzione tra democrazia sostanziale e democrazia formale –purtroppo- fondamentale nel marxismo, e poi recepita in modo degenerato dal marxismo-leninismo.
L’anticapitalismo, non suscettibile di essere rivoluzionario a breve, deve rivedere dalle fondamenta il marxismo –anche per Marx vale il noto detto latino, “Quandoque bonus dormitat Homerus”, non bisogna farsi condizionare dal principio di autorità in capo a Marx, come giustamente sottolineavano Bobbio e Colletti, e questo vale anche per i marxisti, “quorum ego”-- sia pur partendo dalla lucida critica marxista del capitalismo e dello Stato. La sentenza di Trani si rivela un passaggio che può essere letale: non sarebbe male un’azione concertata, anche non priva di difesa del P.M. da attacchi e tentativi di ridicolizzarlo come in De Nicola –eh sì, i nostri liberisti non sono proprio liberali-. Il PM non è l’alfiere della nuova sinistra, ma è uno dei pochi tutori della democrazia e chi ama la democrazia deve difenderlo, senza affibbiargli etichettature politiche.