Il successo, alle elezioni regionali, dei Governatori uscenti è stato netto: certamente è stato favorito dal “Covid”, che ha creato compattezza intorno a chi ha governato durante l’emergenza, ma va oltre la contingenza ed ha un significato politico enorme. E’la conferma di un rapporto fiduciario tra “leader” e popolo, con il primo che supera la differenziazione tra schieramenti e diventa trasversale alla maggioranza popolare, anche estesa, in ogni caso al di là dello schieramento di parte politica e della logica di schieramento.
E’assolutamente necessario evidenziare subito che quest’ultimo elemento deve essere tenuto bene in conto nel momento in cui si insiste nel voler esportare all’assetto del nazionale il modello del Governatore.
Ed infatti, l’argomento che si utilizza comunemente è il seguente: già, visto che il modello del Governatore regionale ha successo, perché non passare al Governatore d’Italia, vale a dire al “Premier” (Presidente del Consiglio)?
E’ evidente che la posta in gioco è il cambiamento di forma di stato da parlamentare in presidenzialista e non è la prima volta, né l’ultima: la battaglia per il Presidenzialismo od anche il “Premierato” –come in questo caso-, vale a dire per l’elezione popolare diretta del Capo dello Stato o del Presidente del Consiglio –ed è questo il caso- è molto sentita e da tempo e tale forma è vigente nelle sue varianti in Paesi importanti come l’America e la Francia –in forma più attenuata- per la prima variante, e Israele per la seconda –mentre il discorso è più complesso per l’Inghilterra-.
E’ noto l’argomento su cui basa la battaglia: oltre ad una politica corporata, di interessi contrapposti tra cui mediare faticosamente e con grandi costi per collettività, vi deve essere il punto di coagulo rappresentato dalla politica della decisione, vale a dire del “Leader”; la coabitazione tra le due politiche, vale a dire tra le due forme di legittimazione popolare, porta alla prevalenza della seconda, quale garante dell’unità dell’indirizzo politico espresso in maniera frammentaria dal Parlamento (invece, la versione attuale della nostra Costituzione pone in capo al “Premier” tale unità, ma sotto il controllo del Parlamento, che concede e revoca la fiducia al Governo).
Rispetto ai consueti argomenti, testé riportati, ora si effettua un’importante aggiunta e si adduce la positiva esperienza delle Regioni.
L’esperienza delle Regioni induce invece a conclusione opposta (ferma restando, da parte dello scrivente, la reiezione dell’argomento principale di cui sopra alla luce dell’essenzialità del controllo del Parlamento, unico depositario della volontà popolare e puntello della sovranità popolare): il superamento della differenziazione politica e così a monte della lotta politica in virtù dell’unificazione nel “Leader”, incarnazione della Nazione ed espressione di fatto unica dello Stato, porta alla fine della politica, nel momento in cui si arriva a superare con il Governo la differenziazione eliminando la dialettica, che resta sì ferma ma relegata al mero livello amministrativo, vale a dire di amministrazione della cosa pubblica, senza investire le grandi scelte di fondo che invece costituiscono l’essenza della politica.
Ed infatti, il vero risultato del sistema dei Governatori regionali è quello dell’identificazione del Governo, una volta superata la politica, con l’amministrazione, assicurando sì a questa immediatezza di decisione ma anche facendole perdere imparzialità (in violazione dell’art. 97 della Costituzione). I ripetuti scandali regionali nascono qui, anche se si tratta solo di un corollario, che non deve deviare l’attenzione dal nodo principale.
Il modello, da ridiscutere pertanto anche a livello regionale, in ogni caso non può e non deve essere esteso a livello nazionale.
Ma non si può trascurare la vera ragione del successo del modello dei Governatori regionali e del seguito che esso riscuote: essa consiste nell’insofferenza popolare per il sistema nazionale sempre in crisi di Governo, palese o manifesta che sia, a fronte di Governi regionali sempre stabili.
L’esportazione del modello a livello nazionale diventa così inevitabile se non si contrasta in
modo serio la ragione del suo successo.
Il punto chiave è se il controllo parlamentare, unico che può, se effettivo, e non fittizio,
incarnare la sovranità popolare, da un lato e, dall’altro, Governo stabile possano coesistere?
A monte, sovranità popolare e decisione possono coesistere?
Ed a tale risposta positiva si deve necessariamente pervenire sol che si pensi che la prima
senza la seconda si riduce a disordine che porta alla dissoluzione della società ed anche di sé stessa,
poiché il Parlamento che si sovrappone al Governo perde ogni controllo anche di sé stesso, per
evitare la quale situazione si formano centri di decisione surrettizia, mentre d’altro canto la seconda
senza la prima si colloca oltre non solo la democrazia ma anche la politica per diventare forza bruta.
Che si voglia o no, occorre far convivere Parlamentarismo e stabilità di Governo.
Ma innanzitutto occorre elaborare, a monte, al di là di formulazioni a volte vuote ed a volte
pregnanti ma generiche, il concetto di volontà popolare e così a valle, al fine di rendere
concretamente attuabile il controllo sul Governo, fissare il ruolo della politica.
Ebbene, la situazione attuale è invece proprio quella del Parlamento che non determina una
maggioranza stabile e pertanto si sovrappone al Governo provocando quella situazione del tutto
negativa sopra descritta.
Il nostro sistema Parlamentare porta alla sua consunzione, e già adesso alla sua paralisi: crea
le basi per il Presidenzialismo/Premierato oramai alle porte. Occorre una modifica costituzionale
che rafforzi la nostra Costituzione e non la devitalizzi, come vogliono invece tutti i presunti
riformatori, veri e propri sostenitori di democrazie autoritarie, e realizzi il modello sopra visto.
Altrimenti, l’esito -terribile- è assolutamente scontato.
A scendere -e solo a scendere-, il sistema delle autonomie localo deve riacquistare politicità,
senza perdere il contatto con la base sociale: anche il modello dei Governatori regionali deve essere
abbandonato.
Lo scrivente comunica che è stato nominato Consigliere di Amministrazione del Monte dei Paschi
di Siena, che è una banca quotata in borsa e ed è partecipata in via di maggioranza dal Ministero
dell’Economia e Finanze.
Pertanto, lo scrivente ritiene, per correttezza e trasparenza, di non destinare più al pubblico sia
articoli sia altri scritti a titolo di commento.
Gli stessi possono essere letti da chi è interessato esclusivamente come componenti di futuri libri di
natura dottrinale, in materia giuridica, filosofica, politica, economica e storica: non sono -e non
saranno- in alcun modo riferiti all'attualità.
FRANCESCO BOCHICCHIO