Il presente scritto è frutto di una ricerca durata più di 15 anni e che è stata
operata da un gruppo di intellettuali milanesi che si sono raccolti intorno
ad un centro studi economico-politici denominato Circolo degli Scipioni. Il
nome è mutuato dall’analoga ricerca fatta dagli intellettuali repubblicani
raccolti intorno alla figura di Scipione l’africano, il vincitore di Zama, il
quale, nel corso della campagna militare che trascina Roma nel reticolo
degli interessi socio-politici ellenici sino alla conquista dell’intera regione,
studia la parabola discendente del sistema schiavile greco, avanti di secoli
rispetto a quello romano. Egli, pur senza saperlo, compie una analisi di
tipo materialista storico ed individua le ragioni di questo disfacimento
nella invincibile concorrenza della grande proprietà schiavile rispetto alle
piccole e medie proprietà schiavili e suggerisce di provvedere per tempo
con adeguati sostegni statali per impedire la loro fagocitazione da parte
dell’aristocrazia schiavile, impedendo il conseguente formarsi delle plebi
e il progressivo decrescere della Domanda interna.
Egli è membro dell’aristocrazia senatoria romana e parla negli interessi di
questa stessa classe, prevedendo quel disfacimento i cui segni saranno
per tutti palesi solo 400 anni dopo. E resta inascoltato. Dopo di lui
resteranno inascoltati anche Tiberio e Caio Gracco, che non a caso sono
imparentati con suoi diretti discendenti o da lui discendono per parte di
madre, e che, partendo dalle sue stesse analisi, porteranno avanti le sue
proposte appoggiandosi però alle plebi, intanto accresciutesi
numericamente, organizzate politicamente nel Partito Popolare. E
verranno uccisi.
Oggi, il Circolo degli Scipioni, utilizzando il medesimo strumento di analisi
storica, economica e sociale, arricchito da due millenni di acquisizioni
epistemologiche, ha la presunzione di avere individuato le ragioni
dell’attuale crisi del capitalismo nella feudalizzazione della classe
dirigente capitalistica.