Nella polemica sul MES –“rectius” sulle modiche ad esso- sta sorgendo tra le due teorie estreme, di chi non vuole accettare le modifiche e di chi al contrario le vuole accettare acriticamente, magari attenuando la sua posizione con rinvii del tutto irrilevanti, si stanno elaborando idee intermedie ruotanti intorno alla proposta di titoli sicuri a livello comunitario, “safety asset”.
E’ una prospettiva estremamente seria e valida ed era stata già da tempo presentata da Paolo Savona quale Presidente della Consob, ed i commenti dominanti si erano orientati nel senso che il in tale veste non gli spettasse intervenire su tale materia, come se la Consob potesse (e possa) essere indifferente alla tutela degli investitori. Ma in ogni caso, non si è dedicata soverchia attenzione al merito della proposta (è proprio vero il detto, qui depurato di un riferimento offensivo, che “quando il saggio indica la luna con il dito, in molti guardano il dito e non la luna”), della cui importanza ci si è accorti solo adesso.
Ma è anche una prospettiva del tutto insufficiente: ed infatti, si trascura totalmente il nodo del salvataggio delle banche, per cui si esalta, con la modifica al MES, la discriminazione tra Paesi forti e Paesi deboli: ma non solo, si effettuano i salvataggi delle banche dei Paesi forti con i soldi dei Paesi deboli.
Ad ulteriore battuta, con tale insufficiente anche se meritoria, prospettiva, si trascura il nesso, imprescindibile tra sistema bancario e gestione del debito pubblico: gli Stati deboli, per usufruire dell’intervento del MES, devono accettare un vero e proprio commissariamento su entrambi gli aspetti. Già ci si è incamminati da tempo su tale strada: con la modifica si elimina ogni ponte alle spalle.
Per tale ragione, lo scrivente è contrario alla modifica del MES, ma considera non sufficiente il rifiuto della modifica anch’esso non sufficiente, essendo necessaria la messa in discussione della nostra partecipazione all’Europa, a cui occorre opporre una radicale alternativa.
Ma adesso, senza abbandonare tale prospettiva radicale, nella consapevolezza della complessità dell’attuazione di questa, si vuole cogliere la sfida di proposte concrete immediate.
Benissimo: allora, si condizioni l’accettazione della modifica alla corresponsione da parte dell’Europa all’Italia del risarcimento degli ingenti danni provocati all’Italia stessa dall’applicazione della demenziale normativa “bail-in” che ha distrutto il nostro settore bancario.
Nel contempo, si condizioni tale accettazione all’ulteriore accettazione da parte dell’Europa di una normativa interna che persegua il rilancio del settore bancario anche con un forte intervento pubblico sia di natura programmatoria sia di intervento pubblico interno che non prescinda dalla presenza di poche ma strategiche banche pubbliche (e ciò vale anche per le imprese pubbliche in generale, anche in altri rami). Stesso discorso riguarda l’accettazione, da parte dell’Europa, di una normativa interna che imponga al settore bancario italiano ed alle banche di affari internazionali che svolgono un ruolo dominante e spesso abusivo sui nostri mercati finanziari il sostegno al nostro debito pubblico: in altri termini, si dovrebbe ritornare indietro, con la necessaria gradualità, sui passi scellerati che hanno a suo tempo portato alla privatizzazione delle (imprese e quindi anche delle) banche pubbliche e -con tutti gli adattamenti derivanti dal mutato ruolo di Banca d’Italia, non più Istituto di Emissione- alla separazione tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro..
In definitiva si accettino le modifiche solo se ci si consente di riprendere il controllo effettivo del debito pubblico e del settore bancario.
“De hoc satis”.