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FUORI DALL’EUROPA, FUORI DALL’EURO Featured

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L’Europa è inconsistente, però è una realtà, intesa in senso almeno formale, di istituzione vigente: nonostante che sia tale solo da un punto di vista formale, essa finisce con il consentire qualche protezione. Nella stessa ottica, l’euro, anche se non assistito da una politica monetaria coerente e sistematica, è comunque in grado di assicurare una forma di tutela nei confronti dei mercati internazionali e della speculazione ivi in essere, che i singoli Paesi da soli non sarebbero in grado di assicurarsi. L’uscita, vista in via intrinseca, non risolve nulla e crea problemi ai Paesi deboli. Il ricorso da parte di questi al protezionismo è del tutto illusorio e velleitario in quanto essi non sono in grado di reggere in autonomia sui mercati. Di ciò si è pienamente e realisticamente consapevoli, ma ciò nonostante si ritiene che occorra uscire da entrambi. Il livello di inconsistenza è arrivato a livelli massimi ed è assolutamente irreversibile: l’unione tra questi due elementi ha creato una situazione perversa per cui i pur minimi elementi postivi si trasformano in elementi negativi di legittimazione di una situazione aberrante. Ciò non tanto alla luce di un’eterogenesi di fini, quanto piuttosto in virtù della decomposizione di un sistema all’ interno del quale non si può rimanere intrappolati. Anche se non vi è alternativa, occorre uscire per non restare prigionieri del liquido, che sarà liberato dal compimento della decomposizione, del tutto letale. Quelli che i moderati europeisti, dal civilista Marchetti e dal pubblicista Cassese a de Bortoli ed a altri, vantano come successi dell’Europa sono in realtà non grandi forme di intervento, ma piccole protezioni, oramai superate. Ed invece la situazione reale è del tutto opposta: a) l’Europa non ha una politica di debito pubblico, con i Paesi deboli in mano alle grandi banche di affari internazionali non solo come debito pubblico ma anche come politica economica, in modo che la sovranità in materia economica è passata dai singoli Stati non ad una Comunità sovranazionale, ma alla finanza internazionale, rovinosa, distruttiva e abusiva; b) l’Europa non ha una politica bancaria, con i Paesi forti che possono salvare le proprie banche in difficoltà ed i Paesi deboli no, in modo che questi ultimi non solo non si risaneranno mai, ma addirittura vedono il loro settore bancario alla mercé di quelli esteri, con la consacrazione del venir meno di qualsivoglia autonomia economica rispetto agli altri Paesi, mentre l’Europa è diventata un arbitro ad un tempo fazioso ed incompetente; c) non vi è una politica dei migranti, con i nuovi arrivi messi in carico solo ai Paesi confinanti; d) non vi è politica estera comune, con l’Europa assente sul Medio Oriente ed incapace di opporsi agli abusi dell’America e di Israele ai danni della Palestina e che non ha nulla a che dire sull’interferenza illecita dell’America sul Venezuela, interferenza illecita che per la prima volta in Sud-America è manifesta ed ufficiale e non solo di fatto e occulta; e) ora, con la via della Seta, la Francia e la Germania hanno assunto una posizione comune di accettazione dello stesso, anche in contrapposizione all’America, ma solo sul Mar Baltico e zone adiacenti, a favore di loro stesse e delle collegate Nazioni del Nord, ma non sul Mar Mediterraneo in relazione ai Porti di Trieste e Genova, interessati alla stessa Via della Seta; f) con il recente Accordo di Aquisgrana, Germania e Francia hanno stabilito l’asse privilegiato anche in termini di decisioni politiche ed istituzionali. L’Europa è un Impero tedesco, con ausilio francese, che opprime i Paesi del Sud, in virtù di una strategia che parte da lontano, e che si è realizzata prima ponendo i Paesi deboli in posizione subalterna, poi impedendo loro di risolversi ed infine creando una barriera tra le economie dei due blocchi, barriera che non è di sola separazione ma opera in senso affatto unidirezionale. Parlare di Comunità è non solo frutto di ipocrisia, ma soprattutto una vera e propria mistificazione. Occorre uscire da tale situazione che alla fine stritolerà i Paesi deboli o li avvelenerà All’obiezione che manca una situazione alternativa, è facile ribattere che ciò non è più rilevante, in quanto l’uscita non solo evita di finire nel baratro, ma risponde ad una lucida strategia di scompaginare le carte in tavola. Il tutto mediante un atto clamoroso ed enfatico: “oportet ut scandala eveniant”, recita un noto brocardo latino. Ma non solo: siamo veramente sicuri che non vi sia alternativa e che pertanto si sprofonda in isolamento senza via di uscita con un protezionismo sterile? Senza pretesa di elaborare una soluzione già bella e pronta, addirittura preconfezionata, si sottopongono quattro vie di percorso, non necessariamente alternative tra di loro. In primo luogo, l’Europa senza l’Italia non ha più senso, nemmeno formale, e pertanto si aprirà necessariamente un tavolo di negoziazione in cui per la prima volta Germania e Francia dovranno abbandonare la propria disastrosa strategia. In secondo luogo, in termini strettamente collegati al primo punto, l’Italia ha una carta mai pienamente utilizzata, che è la posizione centrale nel Mediterraneo, per cui potrà e dovrà porsi in posizione propositiva e attiva, in termini di vero e rapporto indirizzo. In terzo luogo, può contare sulla protezione della Cina, interessata ad un proficuo sviluppo del secondo punto. All’obiezione che tale protezione è una semplice e mera conseguenza di un vero e proprio dominio, agevole è la risposta che dalla fine della seconda guerra mondiale, siamo stati sottoposti a domini ben peggiori e ben oppressivi. Il dominio della Cina sembra provvisto di tutti i requisiti per presentarsi con un volto rispettoso e basato su una logica di reciproca, anche non identica, convenienza. In quarto luogo, la Gran Bretagna che si pone fuori dell’Europa e presumibilmente fuori del tradizionale asse privilegiato con l’America, per dialogare in via autonoma con la Cina, offre nuovi scenari nell’Occidente. Ma una cosa deve essere chiara: occorre, una volta per tutte, smetterla di prestare ascolto alle suadenti sirene che ci invitano a non rompere il rapporto privilegiato con l’America (per tutti Panebianco) e con la Germania e con la Francia (prima Sergio Romano, che ora sembra molto più scettico sul punto. Ed infatti, l’America, dopo aver vinto la guerra fredda, senza un ostacolo a capo di un vero e proprio blocco, gioca a tutto campo in un’ottica di brutale oppressione, mentre la Germania, dopo aver tentato ripetutamente per tutto il secolo scorso, di conquistare il dominio sull’Europa anche a mezzo guerre, è riuscita ora in via pacifica in tale intento, però -in virtù di uno di quei strabilianti paradossi che solo al Storia può realizzare- nel momento in cui l’Europa si è disintegrata. Il vero è che il dominio americano ed il sub-dominio tedesco avevano un senso quando l’occidente rappresentava una frontiera di capitalismo sviluppato, efficiente e con grandi forme di civiltà, culturale, politica, istituzionale, di livello di vita, ed anche di natura sociale, che si è ora dissolta. Occorre così costruire un nuovo assetto, con nuove alleanze anche trasversali, che pongano le basi per competizioni tra diversi modelli di capitalismo, in modo da poter imporre la ripesa di un cammino di civilizzazione, brutalmente interrotto. L’Italia può giocare, in tale ottica, un ruolo importante, anche se non di primo piano.