Il nazionalismo viene ferocemente attaccato per i collegamenti con il fascismo e pertanto la sinistra dovrebbe allearsi con i moderati antinazionalisti per scongiurare ogni pericolo antidemocratico.
Già si è visto in altre note che il moderatismo antinazionalista è fittizio.
Ma il vero nodo è un altro: il nazionalismo attuale ha un atteggiamento di non ostilità nei confronti del fascismo ed ha una tendenza naturale ad un’alleanza con esso, ma, a ben vedere, non risulta che ciò registri un cambiamento rispetto al moderatismo di Berlusconi, che aveva lo stesso atteggiamento.
La differenza tra le due situazioni viene vista nella circostanza che il fascismo è nazionalista, mentre il moderatismo no. Ciò come sé visto non è fondato.
E’ ovvio che il nazionalismo ha più punti in contatto con il fascismo di quanti ne abbia il moderatismo visto che il fascismo è un nazionalismo antidemocratico mentre il moderatismo utilizza il nazionalismo ma non lo è. Utilizza il nazionalismo per bloccare la lotta di classe ed i conflitti sociali.
Allora, il nazionalismo ha punti in contatto con il fascismo ma non è necessariamente antidemocratico: lo diventa se vi è una minaccia esterna come il comunismo o se comunque fenomeni esterni mettano in pregiudizio l’ordine interno.
I fenomeni esterni possono essere gestiti in modo democratico all’interno se restano per l’appunto esterni: i problemi interni no nel momento in cui intaccano il sistema. Ed allora il nazionalismo è necessariamente antidemocratico all’esterno, in quanto deve bloccare in tutti i modi i pericoli esterni e diventare a sua volta un pericolo per gli altri Stati se ciò si rivela necessario per la propria sopravvivenza.ma non necessariamente all’interno.
La conseguenza, indefettibile, è che il nazionalismo della Lega può limitare le punte razzistiche ed autoritarie fino a quando tali punte non si rivelano necessarie per bloccare i conflitti sociali, vale a dire vino a quando questi ultimi non diventano a loro volta minacciosi.
Una sinergia tra conflitti sociali e pericoli esterni non è realistica, in quanto la globalizzazione è solo del capitale e non del lavoro.
L’utilizzo strumentale di tale argomento da parte del nazionalismo è ben possibile come fu fatto con esito positivo in Germania ed in Italia dopo la prima guerra mondiale, ma devr essere scongiurato dalla sinistra unendo conflitti sociali e difesa dell’interno da pericoli esterni, a fronte del divieto di arrecare poi pericoli all’esterno.
La sinistra deve essere antinazionalista e nel contempo tutelare l’interesse interno, purché non ipostatizzato, e quindi purché sia sempre collegato al popolo ed ai conflitti sociali.
Il nazionalismo è intrinsecamente antidemocratico, sia all’interno sia all’esterno, ma tale antidemocraticità emerge solo in situazioni estreme. Per il momento si è lontani da siffatte situazioni estreme.
L’antidemocraticità del nazionalismo emerge all’interno per bloccare i conflitti sociali ed all’esterno quando vuol minacciare altri Stati per risolvere i propri problemi interni.
La sinistra deve vigilare affinché i migranti non minaccino l’ordine interno ma non deve rinunziare ai conflitti sociali, se del caso anche utilizzando i migranti: se ciò sarà intollerabile per il nazionalismo, allora la sinistra potrà e -dovrà- essere pronta allo scontro.
All’esterno, la sinistra deve battersi per un ordine internazionale che impedisca a chiunque di minacciare l’ordine interno degli altri (come invece fa l’USA sistematicamente, ora con il Venezuela): tale atteggiamento da impedire è il vero imperialismo, che così si dimostra essere il logico ed inevitabile sviluppo del nazionalismo. La sinistra deve combattere l’imperialismo difendendo tutti gli ordini interni, per puntare poi a collegare questi. Essa sinistra non deve sostenere un ordine interno nazionalista ed imperialista (come fu fatto invece, sia pure in embrione, da Lenin e poi, in misura esasperata ed incontrollata ed illimitata, da Stalin), ma nemmeno rinunziare a difendere i singoli ordini interni, come fece in modo utopistico Rosa Luxemburg, che pur capì -e fu quella, in campo marxista, a capirlo con maggiore lucidità di tutti gli altri messi insieme- essere l’imperialismo lo sbocco inevitabile del capitale per risolvere i propri problemi interni.