La crisi politica di quest’anno, non risolta dalle elezioni di marzo, interseca l’Europa e la finanza. Il populismo è, per antonomasia, anti-europeo, così come è contrario a tutte le istituzioni, ed anti-finanza, essendo la finanza la sede dell’”élite” economica più pericolosa.
L’Europa quale vincolo stringente alla politica economica statale ed addirittura invasivo e lesivo della sovranità nazionale, si è dimostrata fallimentare, ma nessuno ha alternative effettive, correndo il rischio i Paesi deboli, in sua mancanza, di essere preda dei mercati.
Ma ciò non toglie che l’Europa sia già allo sbando e senza carattere, ed addirittura non riesce nemmeno a tutelare i diritti civili e politici della Catalogna contro la repressione fascista di Madrid.
Non si tratta solo di ridiscutere le fondamenta dell’Europa e di rinvigorirla, ma addirittura di mettere in discussione il modello, deficitario, per rifarlo “ex novo” Non si tratta di cercare l’Europa dei popoli contro quella dei burocrati, il che vorrebbe dire stare al piano degli “slogan”, ma di abbandonare il modello liberista, e nient’affatto sociale come qualcuno si ostina ad affermare in modo del tutto surreale, per creare una politica economica europea di natura programmatoria.
Alcune uscite populiste, come la richiesta di sanatoria su parte del debito pubblico, sembrano umoristiche, ma in realtà mettono il dito sulla piaga della formazione illegale di parte del debito pubblico degli Stati deboli, determinata dal dominio delle grandi banche d’affari sugli stessi debiti pubblici.
Se la difesa dell’Europa è anacronistica ed i processi di rafforzamento sono umoristici, un’azione decisa di cambiamento radicale non sembra supportata dalla situazione di fatto.
D’altro canto, la finanza è diventata rovinosa ma non si può prescindere da essa.
Il Presidente della Consob Nava viene da istituzioni europee e rimane legato contrattualmente ad esse, con distacco in Consob. Ciò non è scandaloso ed ha sbagliato la Lega a tentare di impugnare la nomina, in quanto l’appartenenza all’Europa richiede sinergie importanti, purché non abdicative rispetto ai valori ed agli interessi nazionali.
Ebbene, quello che è veramente scandaloso è che Nava abbia valutato positivamente la normativa europea “bail-in”, invece del tutto disastrosa, che ha distrutto il sistema bancario italiano, essendo basata su un totale misconoscimento dell’essenza dell’attività bancaria.
Conte, il “premier” giù candidato dei 5 Stelle, ha promesso il risarcimento dei truffati delle banche. Vi è un atteggiamento populistico ma le truffe vi sono state, per esempio. Deutsche Bank ed altre sui derivati e sulle manipolazioni di tassi e cambi, e le società di “rating”
5Stelle e Lega sono per la protesta ma sono privi al momento di natura costruttiva.
Europa e finanza sono il potere distruttivo: entrambe sono manifestazioni del capitale finanziario.
Il popolo contro il capitale finanziario. E’ una partita aperta, in quanto la diffusione e l’indifferenziazione, sociale e politica, dell’opposizione rende il capitale finanziario sì privo di alternative ma anche in posizione di isolamento e di accerchiamento alla fine fatali.
Occorre lavorare per riunire protesta popolare e riforma propositiva antagonista rispetto al capitale finanziario.
Ma non è un problema solo dei populisti.
E’ un problema anche del riformismo antiliberista, che deve uscire da una progettualità astratta – tra l’altro anch’essa mancante- per porsi in funzione ed al servizio della rivolta.
Il populismo di destra si sta organizzando per diventare propositivo, come dimostrato dalla indicazione di Paolo Savona a Ministro dell’Economia. Solo che la sua autonomia dal capitale finanziario alla fine si rivela dubbia, come dimostrato da tutte le altre esperienze storiche, anche recenti (Trump). Il suo limite insuperabile è che non abbandona di mira l’idea forte di ogni posizione di destra, la sintesi tra tutela del lavoro e crescita, questa basata a propria volta sul ruolo centrale imprenditoriale: alla fine tale sintesi rimette la prima alla seconda. Ebbene, è una sintesi fattibile (contrariamente a quanto ritiene da ultimo Mauro Magatti) in quanto la crescita è possibile solo se si funzionalizza il profitto ad un progetto di sviluppo etero-diretto. L’impresa, al centro del sistema, deve essere derubricata a fattore di iniziativa e di impulso in un quadro coordinato e programmato. Altrimenti, lasciata a sé stessa, viene risucchiata nelle sabbie mobili del capitale finanziario per cui crea ricchezza solo distruggendo altra ricchezza e mortificando il lavoro.
Alla fine la destra populista, anche contro le migliori intenzioni, non sarà mai alternativa al capitale finanziario.
La sintesi tra rivolta e riforma propositiva deve realizzarsi sul lato sinistro.