E’ noto che Riccardo Lombardi fu l’ideatore, da parte socialista, del centro-sinistra e delle sue aspirazioni riformiste. E’ altrettanto noto che non appena nato lo disconobbe e si trasse all’esterno. Di qui le malizie sul suo carattere e sulle sue incertezze. Marco Travaglio lo ha recentemente attaccato sotto questo aspetto, seguendo critiche a suo tempo mosse da Indro Montanelli. Montanelli era critico nei confronti sia di Lombardi di Lelio Basso: entrambi “leader” della sinistra socialista, il primo rimasto all’interno del Partito socialista fino alla morte (nell’84, ad ottantatre anni), su posizioni sempre di sinistra, il secondo uscito proprio con il centro-sinistra che non condivise “ab origine”, per fondare il PSIUP, partito socialista di unità proletaria per poi collocarsi nella sinistra indipendente a fianco ed “a latere”del PCI (anche qui fino alla morte, nel ’78, a settantacinque anni). Montanelli, con la sua genialità espressiva criticava in entrambi il carattere: famosa fu l’ironia nei confronti di Basso per la sua pretesa incertezza comportamentale, “Quando parla Lelio, si arrabbia Basso, e viceversa”. Ebbene, la loro spigolosità era un aspetto secondario e forse inevitabile per due persone che vedevano in anticipo rispetto ai tempi ed erano isolati proprio per questo, con grande danno non tanto per loro quanto per la sinistra italiana che ha fallito tutti gli appuntamenti con la Storia, anche per non aver seguito le indicazioni dei due, i quali, pur non distanti tra di loro, non riuscirono mai a collaborare, e su questo andrà, in altra sede, una volta per tutte effettuata una valutazione approfondita, lasciando da parte le malizie sul loro carattere. Quello che è certo è che Montanelli , uomo di destra non omologato, si rifugiava sulle malizie di natura caratteriale per attaccare due uomini di sinistra non omologati, non moderati, non compromessi con il malgoverno ed antitotalitari. Il rinnegamento del centro-sinistra da parte di Lombardi non dipese da volubilità, ma fu dovuto alla immediata comprensione, da parte sua, del prematuro fallimento del centro-sinistra e delle sue aspirazioni riformiste. Un ruolo decisivo fu rivestito da Guido Carli, Governatore di Banca d’Italia e contrario ad una svolta troppo decisa a sinistra. La rottura avvenne su due temi. Il primo fu rappresentato dalle modalità della nazionalizzazione dell’energia elettrica, mediante espropriazione (art. 43 Cost.), che fu uno dei punti di forza del programma centro-sinistra: Lombardi voleva l ‘espropriazione della società e delle partecipazioni azionarie in modo da concedere l’indennizzo ai singoli soci e consentire ai soci di minoranza di indirizzarsi verso altri operatori economici, sia le partecipazioni statali sia privati dinamici e non oligopolistici. Guido Carli voleva nazionalizzare gli impianti per mantenere in vita le società ed evitare di disperdere i soci. Ebbe la meglio Guido Carli. Il secondo fu rappresentato dal segreto bancario, che Lombardi voleva abolire (nei confronti del fisco, essenzialmente) e Guido Carli no, basandosi quest’ultimo sulla circostanza che la misura, pur giustificata e vigente in America, in Italia avrebbe avuto conseguenze nefaste, per il l’effetto panico sui risparmiatori, in un Paese come l’Italia privo di capitali e che si basava sul risparmio bancario. Ebbe la meglio Carli. Questi due episodi furono decisivi e come decisivi furono valutati da Lombardi. Riccardo Lombardi era il “leader” della sinistra socialista ed era sostenitore di riforme di struttura, tali da “cambiare i pezzi del motore mentre la macchina continua ad andare avanti”: è il riformismo rivoluzionario in grado di introdurre a medio termine una società socialista sulla base di una serie di riforme in grado di cambiare gradualmente il sistema, senza inceppare quest’ultimo. Sulla base di questa sua caratterizzazione, che non lo abbandonò mai, fu visto quale prigioniero di ideologia che gli avrebbe impedito di dedicarsi ad un serio riformismo “tout court” senza illusioni di fuoriuscita dal sistema. I due casi di contrapposizione con Carli dimostrano l’esatto contrario: il riformismo di Riccardo Lombardi non cessò mai di essere concreto; con il primo punto voleva dare un colpo a gruppi oligopolistici parassitari ed indirizzare i piccoli azionisti verso nuovi gruppi pubblici e privati, in modo da rivitalizzare da un lato la borsa e dall’altro il mercato. Non a caso Riccardo Lombardi si contraddistinse anche negli anni successivi per tentativi avanzati di riforma sia della società per azioni sia d