Molti elementi depongono nel senso della vittoria dei 5Stelle alle prossime elezioni, che si terranno nel 2018 (e comunque non oltre): due in particolare sembrano decisivi. Da un lato, la gravissima crisi economica e sociale con un grande centro immobile privilegia l’unica forma di populismo puro senza sbandamenti a destra e sinistra, per merito di Casaleggio, che fece sì che il Movimento resistesse alle lusinghe del Pd di un’alleanza di Governo nel 2013. Dall’altro il Pd di Renzi sta mostrando un volto di arroganza e di autoritarismo che possono essergli fatali. E’ pertanto ovvio che i 5Stelle siano diventati oggetto di una campagna politica, istituzionale, mediatica e di stampa spaventosa. Hanno cominciato Napolitano, Violante, e compagnia cantante, a chiedere, mentre Renzi si defila fingendosi indifferente, la modifica dell’”Italicum”, non nel senso di eliminare i numerosi aspetti di incostituzionalità, ma in quello di eliminare l’unica parte accettabile, il doppio turno, peraltro non incondizionato ma solo se la prima lista non raggiunge al 1° turno il 40% -e tale condizione è incostituzionale-. La motivazione dell’incredibile richiesta -cui si è accodata anche la sinistra Pd, ormai ridotta alla parodia di sé stessa, tale da richiedere a Renzi una modifica a questi gradita, e pretende di fare così opposizione- consiste nella pretesa che sarebbero cambiate le condizioni: francamente, non si comprende quali condizioni siano cambiate se non la circostanza che si è scoperto –e la tardività della scoperta è dovuta all’insipienza degli apprendisti stregoni che pretendono di fare i costituzionalisti, Boschi, D’Alimonte (a dir la verità quella di D’Alimonte è non insipienza ma alterigia) e compagnia cantante, che hanno realizzato modifiche elettorali e costituzionali contro-producenti- che il meccanismo elettorale favorisce i 5Stelle, i quali potranno vincere con grande probabilità alle prossime elezioni nazionali. E’ una modifica elettorale che si richiede per impedire ad uno dei tre attori politici di vincere: in pratica il meccanismo elettorale va bene solo se vince uno dei due schieramenti di centro, preferibilmente il centro-sinistra, con tolleranza verso il centro-destra, ma non se vincono i 5Stelle.
E’ vero che l’opportunismo nella redazione di leggi elettorali è insito nel disegno perseguito dalla Costituzione, che con saggezza e lungimiranza ha rimesso il meccanismo elettorale alla legge ordinaria per impedire situazioni ingessate e rigidità consentendo l’adattamento alle situazioni cambiate pur nel rispetto di principi fondamentali e di ragionevolezza nella rappresentazione del voto popolare, con la conseguenza che la maggioranza del momento può far passare proprie esigenze di parte, ma un meccanismo diretto proprio contro uno dei tre contendenti è non solo abusivo ma un vero e proprio colpo di stato, con cui si priva il popolo sovrano di una possibilità di scelta. Violante replica affermando che pure i 5Stelle sono mossi da opportunismo in quanto prima hanno votato contro l’”Italicum”, ed ora si oppongono alle modifiche in quanto anche loro hanno scoperto che è una legge che li favorisce. Violante si crogiola nell’umorismo involontario irresistibile: i 5Stelle sono tuttora contro la legge, ma non si vede perché debbano accettare una modifica ulteriormente peggiorativa. In ogni caso, l’atteggiamento diretto solo contro un attore politico è solo della maggioranza. Nel merito, l’unico meccanismo maggioritario razionale è a doppio turno in quanto fornisce alla maggioranza dei votanti la scelta del vincitore: ciò mediante un meccanismo di doppio grado e quindi si tratta di scelta relativa, ma la relatività della scelta è propria di tutte le realtà democratiche e pluraliste, mentre l’assoluto è proprio del totalitarismo. Ciò in via radicale ed anzi estrema in un sistema politico con tre poli. In tale ottica, anche se il secondo schieramento al primo turno è molto staccato dal primo schieramento che è quindi maggioranza relativa ma non ancora maggioranza assoluta, solo il secondo turno può attribuire con razionalità la maggioranza assoluta (anche D’Alimonte ha recentemente espresso su “Il Sole 24 Ore” una posizione analoga, basandola peraltro sull’empiria, cui dovrebbe essere riconosciuto valore maggiore rispetto ai concetti ed ai principi, ma è da ribattere che l’empiria si dimostra non decisiva di fronte alla preferenza per la maggioranza relativa, che va combattuta solo con il ricorso ai principi).
Ma l’attacco ai 5Stelle non è solo sul meccanismo elettorale, importantissimo, ma non decisivo. Se si fa un “blitz” sull’”Italicum”, è facile la reazione popolare che voterebbe al primo turno i 5Stelle. Quindi, occorre attaccare i 5Stelle sul loro punto debole, l’essere di protesta e non di proposta. I 5Stelle hanno capito ciò, vale a dire hanno capito che finora hanno fallito quando hanno governato a livello locale, dalla Sicilia a Livorno e Parma in quanto non preparati ed hanno altresì capito che il banco di prova di Torino e Roma non può essere fallito. Se in due delle quattro più importanti città italiane i cittadini li hanno scelti, essi devono dimostrare non solo di essere onesti ma anche di essere capaci di governare. Mentre a Torino, dove Fassino non ha dato cattiva prova amministrativa, per l’Appendino circondarsi di una squadra valida ed efficace e dimostrare idoneità al Governo non è improbo, ben diverso è il discorso a Roma, dove i 5Stelle con la Raggi sono stati chiamati ad una vera e propria “mission impossible”. I 5Stelle, di ciò consapevoli, hanno fatto assistere la Raggi da due personaggi eccellenti, Marcello Minenna, al Bilancio ed alle Partecipate, Carla Raineri quale Capo Gabinetto. Il primo è Dirigente Consob contraddistintosi per capacità e rigore e per essere stato messo ai margini per aver perseguito con rigore, apparso eccessivo a molti ma in realtà solo massimo e senza cedimenti, la tutela del risparmio, proprio sui titoli pericolosi quali le obbligazioni subordinate (ed altri). Chi meglio di lui per risanare le casse dissestate di Roma? La Raineri è uno dei migliori Giudici di Milano, prima al Tribunale e poi in Appello, anch’essa di estremo rigore. Chi meglio di lei quale “alter ego” del Sindaco? Sono due personaggi di eccellente competenza ed al si sopra di ogni critica comportamentale. Non è un caso che -oltre ad attaccare la Raggi su presunte sue lentezze (il problema dei rifiuti, ed altri), e si tratta di critiche risibili, in quanto nessuno è in grado di realizzare un impianto idrico di eccellenza in tempi brevi se trova l’acqua dei pozzi avvelenata-, si sia aperto un fuoco concentrico su Minenna e Raineri. Sul primo, che non voleva chiedere l’aspettativa alla Consob, si è profilata una presunta incompatibilità tra le due cariche, che è di tutta fantasia, in quanto è normale che un dipendente pubblico quando riceva incarico politico locale possa mantenere entrambi, eventualmente con limitazione del compenso al mantenimento del maggiore dei due, e poi in una sorta di crescendo rossiniano, si è evidenziato che la Consob controlla alcune delle partecipate romane, quotate in Borsa e quindi vi sarebbe conflitto di interessi. Tale ultima contestazione non solo è surreale ma è anche da “cabaret”: il conflitto di interessi viene visto tra funzioni pubbliche di alto livello, mentre si è molto elastici nei conflitti di interesse tra funzione pubblica e funzione privata (da ultimo, l’Assessore al Bilancio di Milano è socio di affari del sindaco, e non è scoppiato alcun pandemonio): è vero che vi può essere conflitto tra funzioni pubbliche ed a monte tra interessi pubblici (l’aspetto fu messo a fuoco tanti anni da Massimo S. Giannini), ma tale conflitto non è necessario. Che un controllore della finanza pubblica e privata assuma la responsabilità di una particolare forma di finanza pubblica non è affatto indice di conflitto almeno in astratto salvo verifiche nel concreto, assicurando anzi quel rigore che spesso manca: in ogni caso, bastava che alla Consob si statuisse che Minenna non potesse occuparsi delle emissioni obbligazionarie delle partecipate del Comune di Roma e di tutto ciò che riguardasse tali partecipate ed il Comune stesso. Ed invece no, si è costretto Minenna a chiedere l’aspettativa alla Consob. Non contenti di ciò, ci si è scatenati sulla Raineri, lamentando l’eccesso di compenso attribuitole dal Comune, un po’ meno di 200 mila euro, eccesso di compenso s cui la stessa non ha ceduto visto che era lo stipendio di cui beneficiava come magistrato ed avendo chiesto l’aspettativa. La polemica questa volta non è surreale, ma è frutto di mala fede. Va bene che uno deve fare politica senza interesse, ma pretendere che si riducano i compensi è tale da sfavorire l’accesso alla politica dalle persone eccellenti, con un eccesso di compenso in questo caso limitato visto che la persona veniva sempre dallo Stato. La destra ed il Pd si sono scatenati: Mucchetti, della sinistra Pd, che lo scrivente stima molto ma che ogni tanto assume posizioni discutibili (tipo qualche anno fa la difesa strenua dell’ex Governatore di Banca d’Italia Fazio) si è contraddistinto stato in prima fila. La Raggi ha allora chiesto il parere a Cantone dell’Anti-Corruzione e questi ha fornito parere sfavorevole al compenso della Raineri. La Raggi ha quindi, in esecuzione del parere, pur non vincolante per stessa dichiarazione di chi lo emesso, revocato l’incarico della Raineri che comunque, appena appreso del parere, si era autonomamente dimessa in via non confessoria ma di totale polemica. Da autorevoli commentatori si è evidenziato che l’Anti-Corruzione non è competente in materia di rilascio di pareri in merito e che occorreva rivolgersi al Consiglio di Stato. Senza polemica su Cantone, persona encomiabile ma che a volte si fa condizionare da profili di opportunità, anche legati ad esigenze di sistema, il problema è di merito: il parere è intrinsecamente erroneo per le ragioni sopra viste, che rendono doveroso ed opportuno il comportamento della Raineri che non vuole trarre profitto dall’importante incarico ma non ci vuole nemmeno rimettere. Minenna, in chiave ancora più polemica della Raineri, si è dimesso, ed è stato seguito da persone ai vertici delle partecipate, uno dei quali, commercialista di grande valore a Milano, da lui scelto. La Raggi ha fatto una vera e propria sciocchezza (termine eufemistico) a conformarsi al parere. In primo luogo, ha accettato la linea degli oppositori esterni, che vogliono far cadere la Giunta proprio sul piano della capacità di Governo e mostrare l’inadeguatezza dei 5Stelli al Governo. In secondo luogo hanno pesato i contrasti tra il duo Minenna-Raineri (i due avevano proficuamente lavorato insieme con il prefetto Tronca proprio a Roma) ed il cerchio magico della Raggi, cerchio magico composto di persone compromesse con le precedenti Giunte, in particolare con quella Alemanno. In terzo luogo, il carattere rigoroso di entrambi i componenti del due, per nulla propensi al compromesso ed anche fermi sulle loro posizioni tecniche, li rendeva ingombranti per la Raggi, timorosa di farsi schiacciare. Il secondo ed il terzo argomento meritano una breve analisi congiunta. In via generale, la Raggi non va giudicata con eccesso di rigore e non le si possono impedire mediazioni con gruppi di potere e non le va negato il diritto-dovere di esercitare il proprio ruolo sovrano pur in presenza di due collaboratori di assoluta eccellenza (entrambi hanno il titolo per assumere posizioni di Governo di primo livello nell’auspicato prossimo Governo 5Stelle a guida Di Maio, Minenna al Ministero dell’Economia e Raineri al Ministero di Grazia e Giustizia, di Minenna in tal senso si è già parlato, di Raineri no, ma anche per essa vi sono i presupposti), senza farsi schiacciare da essi, ma ciò non può avvenire se non abbracciando in pieno la loro linea tecnica, salvo motivati dissensi, in questo caso assenti. Il contributo del Sindaco deve essere politico di direzione e non di commistione con l’aspetto tecnico. In definitiva, la Raggi ha preso una scivolata che compromette la propria Giunta e compromette il futuro politico del Movimento. Non si può essere “buonisti” sul punto: ha ragione Travaglio quando lamenta che con la Raggi si è molto più spietati che con il centro-sinistra ed il centro-destra, ma non si può trascurare che questa diversa severità, quando non strumentale, è doverosa in quanto i 5Stelle si vogliono caratterizzare proprio sul punto. E’ comprensibile l’atteggiamento di Di Maio, ed anche di Di Battista, che pur non volendo sconfessare la Raggi l’hanno invitata a non fare più errori ed a cambiare passo, ma non è condivisibile, in quanto la situazione è così grave che non è sufficiente un medicamento, risultando necessario un intervento chirurgico radicale. Non è sufficiente che i sostituti siano all’altezza, come assicura la Raggi, e che si cambi la gestione, limitando lo strapotere del cerchio magico. Occorrono tre misure radicali: a) tutti gli esponenti del cerchio magico devono essere messi alla porta; b) la Raggi deve essere sottoposto al controllo capillare e costante di un esponente di primo piano del Movimento; 3) Minenna e Raineri devono essere riabilitati espressamente dal Movimento, con scuse ufficiali. La Raineri così viene commissariata, ma ciò è inevitabile, avendo essa fatto un errore madornale e, quello che è ancora più grave, di natura sistemica: sta a lei ammetterlo e cambiare radicalmente atteggiamento. Minenna e Raineri devono mantenere il rapporto con il Movimento, che non può fare a meno di loro a livello nazionale, e in via ulteriore occorre rassicurare i super-tecnici vicini al Movimento (a scanso di equivoci, non è il caso dello scrivente, che guarda con profondo interesse al Movimento quale unica opposizione ad un sistema in decomposizione, ma ne è molto lontano, essendo marxista, di sinistra e difensore ad oltranza della democrazia rappresentativa, da aprire al popolo ma senza inficiarla) che la scivolata della Raggi non è indice di un “trend”. Sia ben chiaro, è normale che un Movimento politico quando vince attiri gli opportunisti (categoria questa non minoritaria nel nostro Paese): e non si può essere talebani, in quanto anche gli opportunisti possono servire a cause sacrosante. Condizione necessaria è però che gli stessi siano destinatari di ruoli di secondo piano e che siano posti in condizione di non fare danni: i ruoli primari devono esser riservati, in affiancamento ai vertici politici, ai Minenna ed alle Raineri. Entrambi vengono criticati per eccesso di protagonismo: la Raineri è stata oggetto, anche sul “Fatto Quotidiano”, di critiche per eccesso di puntiglio espositivo nel difendere la propria posizione; a nessuno è andato giù che Minenna non abbia ceduto sui poteri da attribuirli, che egli pretendeva pieni. E’ evidentemente strano che in un Paese dominato da una cultura liberista non si accetti la logica meritocratica quando ad assumerla non sono esponenti del sistema o vicini ad essi (senza peraltro che si tratti di radicali od estremisti, né Minenna né Raineri vengono dalla sinistra marxista e radicale)