La vittoria dei 5Stelle al ballottaggio delle comunali ha posto la sinistra radicale, in crisi sembra più profonda, di fronte al problema se trovare negli stessi un interlocutore politico. Ed il problema diventa più complesso in quanto si traduce nel rapporto tra sinistra e populismo. Sul “Manifesto”, la maggioranza si colloca nel senso del rifiuto del fenomeno, di mera antipolitica, e solo una minoranza vede in esso un movimento di protesta da utilizzare in senso anticapitalistico. Il dibattito, posto in tali termini, è veramente sterile. Il populismo è di per sé estraneo alla sinistra, in quanto da un lato incarna proteste indifferenziate da un punto di vista sociale e dall’altro respinge il potere politico in quanto tale. Non è vero quel che dice un filosofo-giurista di grande livello come Natalino Irti che l’antipolitica non è nient’altro che una forma di politica alternativa nei contenuti: è infatti da ribattere che il populismo, nel contrapporre il popolo al potere, esercita un ruolo puramente negativo senza progetto alternativo. Il governo del popolo è un qualcosa di vago e generico, che acquista valore solo come rifiuto del potere delle “élite” ed adesso, in un’“escalation” giunta al massimo con Brexit, anche del ruolo delle istituzioni, per cui è il popolo che si deve esprimere in autonomia, senza “élite” autonome e nemmeno senza istituzioni autonome: le “élite” e le istituzioni devono essere sempre controllate strettamente dal popolo senza mai rendersi autonome da questo. La sinistra non moderata è di classe e di natura politica, mira alla conquista del potere a favore di un blocco di classe alternativo. Ma ciò è riduttivo, in quanto trascura e dimentica che la rivoluzione russa fu realizzata da Lenin abbracciando nei fatti il populismo –prima ripudiato- e portando avanti l’alleanza non classista tra operai, contadini e soldati: la presenza dei terzi rendeva l’alleanza non di classe ma di popolo. E parimenti negli anni ’60 e ’70 le prime vacillazioni della politica di classe spinsero a porre al centro il popolo e le masse –ci dimentichiamo di Ingrao, sulla base delle riflessioni della Suola di Francoforte?-. Ma ciò era sempre in via funzionalizzata ad una politica di classe, almeno nelle intenzioni mentre il vero elemento collettore era poi il partito. Ed il discorso non cambia ora con la moltitudine di Toni Negri. Il popolo dei 5Stelle non ha ambizioni di alternativa: contesta il potere arbitrario e pretende più equità e giustizia. Ma ciò come elemento puramente negativo, che evidentemente si esalta nel momento in cui il capitale domina in modo cieco ed inefficace.
I 5Stelle non hanno tentazioni a destra come la Lega Nord, Le Pen e Trump. Hanno resistito anche a tentazioni a sinistra e nel 2013 si rifiutarono sagacemente di allearsi con il Pd di Bersani genuinamente a sinistra anche se con le incertezze dell’alleanza con Monti. Lo scrivente sperava nell’alleanza tra i 5Stelle ed il Pd, ma Casaleggio fu geniale nell’impedire tale alleanza, mantenendo il Movimento in una posizione di populismo puro. E’ sterile criticare il Movimento per incertezze sui migranti e sul diritto civile, come fa la sinistra radicale, in quanto finisce con l’accusare il Movimento di non essere di sinistra e di mantenere posizioni tradizionaliste, il che esorcizza il problema solo evocato e non affrontato in quanto ben più complesso delle ormai logore chiavi di lettura della sinistra. Il punto d’interesse è un altro: il Movimento è sinceramente democratico in politica interna e per il diritto in politica internazionale come su Israele dove si è espresso per la Patria palestinese condannando nel contempo ogni forma di terrorismo. E ciò non è banale in quanto il Movimento non si schiera con le posizioni nazionaliste del populismo come Brexit e Trump. I 5Stelle sono per il popolo ma non per lo Stato-nazione di cui vedono i limiti: non sono affatto riconducibili alla destra, come invece settori della sinistra istituzionale e radicale stancamente ripetono. La loro mancanza di universalismo sui diritti civili e sui migranti che evoca posizioni tradizionaliste non li accomuna alla destra, in quanto è natura completamente diversa: è dovuta alla mancanza di visione generale, nell’ottica del più puro e genuino populismo; il popolo oppresso non crede alla fine dell’oppressione, la vuole solo mitigare. La sinistra ha visto la classe svanire e con essa ogni possibilità di alternativa, ed ora è divisa tra cedimento al liberismo moderato (socialismo francese, socialdemocrazia tedesca, partito democratico italiano) e visione meramente identitaria e sterile (sinistra radicale) (mentre Sel, ora Sinistra italiana, ondeggia tra le due posizioni, cullandosi dolcemente sulle onde di un mare inesistente) : In mancanza di una costruzione di alternativa vede con ostilità i 5Stelle in quanto non riesce a capire l’importanza di rappresentare il popolo quale alternativa su cui fondare una vera democrazia.
La democrazia politica può essere l’antidoto al potere schiacciante del capitale finanziario ma si tratta di una prospettiva estranea alla sinistra in quanto manca un’aggregazione sociale alternativa, resa impossibile dalla frantumazione del proletariato operata a sua volta dalla de-materializzazione, dalla delocalizzazione e dalla caratterizzazione finanziaria. Ma se la democrazia politica arresta il capitale finanziario, si crea una prospettiva nuova che la sinistra deve quanto meno analizzare. In definitiva, l’alleanza tra sinistra non moderata e populismo, pur ben lungi dall’essere dietro l’angolo, è possibile, ma a precise condizioni. In primo luogo, il populismo puro ha senso se difende la democrazia dal capitale finanziario e dalla sua deriva autoritaria inarrestabile e quindi deve dotarsi di una politica istituzionale alternativa e propositiva che fuoriesca dall’utopia della democrazia diretta ed immetta il popolo nelle sedi rappresentative, senza alterarle. Queste sedi rappresentative sono al momento solo nazionali ma lo Stato-nazione è in crisi inarrestabile, annullato dalla globalizzazione. Pertanto, in secondo luogo, il populismo puro deve scegliere tra l’alleanza con la destra non moderata e con il populismo di destra, nazionalista, oppure rendersi autonomo come i 5Stelle hanno mostrato di fare non cavalcando Brexit: in tale ottica, occorre non opporsi alla globalizzazione ed alla caratterizzazione finanziaria ma governarle utilizzando le uniche istituzioni transazionali, le banche centrali (come intuito da Hilferding e poi sviluppato, in via autonoma, dallo scrivente e dal Emiliano Brancaccio, questi peraltro ancorato ad una logica neo-protezionistica opposta a quella qui tratteggiata). Le banche centrali costituiscono la coscienza critica del capitale finanziario, ma disancorate dallo Stato-nazione si sono appiattire su di esso perdendo ogni autonomia. Bisogna ridar loro autonomia, minacciandole con la protesta popolare e costringendole ad intervenire incisivamente sul sistema. Qui, il populismo ha bisogno della sinistra non moderata per un vero antagonismo al capitale finanziario. La destra populista e non moderata non è all’uopo idonea in quanto alla fine sempre strumentalizzata e dominata dal capitale finanziario, come mostrato in Brexit, funzionale ad una maestosa opera di delocalizzazione del grande capitale britannico. Ove si alleasse con la destra populista e non moderata, il populismo puro finirebbe con lo scegliere o comunque con l’essere costretto a scegliere, quale esito finale, la strada della rivolta, che a sua volta fungerebbe da alibi per la definizione ed anzi il perfezionamento del processo autoritario del capitalismo – mentre quei settori della sinistra radicale che vedono nella rivolta l’anticamera della rivoluzione, sulla base dell’analisi fine ma del tutto disancorata dalla realtà di Toni Negri, farebbero bene a non illudersi ed a continuare a dondolarsi dolcemente sulle onde di una mare inesistente-. In terzo luogo, la sinistra non moderata deve riscoprire la logica di classe ricollegandola alla democrazia e quindi rinunziando per sempre a leninismo, estremismo e impostazione socialdemocratica tradizionale, tutti e tre strettamente ancorati, nonostante le differenze, allo statalismo puro con cui il movimento operaio è rimasto vittima dello Stato-nazione, a sua volta finito in braccio al nazionalismo, vero grande ostacolo della lotta di classe –il tutto prese avvio con la grande guerra del 1914, come compreso dalla sola Rosa Luxemburg-.