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LO SCANDALO DEL PETROLIO, IL GOVERNO RENZI E LE ISTITUZIONI

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E’ difficile trovare nella Storia uno scandalo così perfetto, idoneo a intersecare economia, politica e magistratura, quale quello recente sul petrolio in Basilicata. Quando una questione è troppo complicata l’unico modo corretto di approccio è renderla semplice, che non vuol dire semplificare ma significa porre in chiaro i punti univoci per poi affrontare quelli controversi. E’ evidente che la questione penale ancora non è sorta in quanto la famosa registrazione tra l’ex Ministro Guidi ed il suo compagno non configura ancora gli estremi del potenziale reato, ed infatti le interferenze dell’ex compagno non sono stati determinanti sull’emendamento, ancora non passato, per sbloccare appalti pubblici a favore alle compagnie petroliere, favore che rientra nella politica economica del Governo e della maggioranza, come pacifico e rivendicato con orgoglio da Renzi. L’ex Ministro Guidi si è dimostrata del tutto inadeguata nel momento in cui collega strettamente i suoi compiti istituzionali alla vita privata e parla con l’ex compagno degli equilibri interni al Governo (in termini postivi del Ministro Boschi, in termini negativi del sottosegretario De Vincentis): ha fatto bene a dimettersi, e si è trattato di atto politicamente doveroso, ma non merita alcun complimento, in quanto si è dimessa quando il suo atteggiamento è stato scoperto e non prima, così come non merita accanimento, in quanto un Ministro che è prigioniero dei suoi affetti amorosi e vittima del suo partner richiede tenerezza e comprensione umana: non è degno di fare il Ministro, ma è da un punto di vista privato una persona in profonde difficoltà. Non vi sono gli estremi del reato, ma vi è una situazione generale di interferenze dell’industria del petrolio sulla politica, e quindi le indagini della magistratura sono doverose, e non è giustificabile il nervosismo di Renzi. Questi, quando evidenzia che la magistratura non può intervenire sul processo legislativo, in quanto la separazione dei poteri agisce in senso bilaterale e non unilaterale, esprime un concetto efficace ma grossolano: Il processo legislativo, come tutti i poteri statali, è soggetto ad interferenze e pressioni e il problema di distinguere tra lecito ed illecito non può essere escluso. Il potere legislativo è libero e non può essere vincolato e pertanto il cedimento a pressioni esterne è indifferente, ma quando le pressioni sono illecite (corruzione, anche indiretta, come a una persona collegata al parlamentare, associazioni illecite e segrete) l’indifferenza viene meno. Ma non è solo un problema di abuso, in quanto il nodo è di fondo: poiché la sovranità è del popolo e i rappresentanti la esercitano per conto del popolo stesso, senza un’attribuzione originaria, scatta la conseguenza indefettibile che vi deve essere trasparenza completa sul meccanismo di formazione delle decisioni legislative e sugli interessi, pubblici e privati, dei parlamentari e dei ministri, e deve essere emanata una normativa che sanzioni penalmente la violazione della trasparenza, altrimenti la sovranità popolare, principio fondamentale di democrazia, art. 1° Cost., è solo fittizia. In tale ottica, la limitazione delle registrazioni telefoniche, prospettata da Renzi, è del tutto illecita ed inammissibile, salvo specifici abusi, in quanto chi detiene il potere deve muoversi in un’ottica di pubblicità, ed è l’opacità ad essere inammissibile: Renzi ha rinunziato ad intervenire in materia ma ha precisato che agli aspetti privati le intercettazioni devono essere estranee.

È difficile ritenere che abbia rilevanza solo privata un’intercettazione relativa ad una conversazione tra la l’ex Ministro Guidi ed il suo compagno dalla quale si evince che la prima era in balia del secondo su aspetti fondamentali relativi al Ministero. Chiariti i punti univoci, ci si può concentrare sui nodi effettivi. Lo sbloccare appalti pubblici è un fatto di dinamismo ed il favore nei confronti di imprese petrolifere non è elemento negativo, ma diventa inaccettabile nel momento in cui non si prende posizione circostanziata e chiara su ipotesi di disastro ambientale (che possono anche avere rilevanza penale, come è bene non dimenticare) sollevate ed in genere sull’equilibrio tra impresa petrolifera ed ambiente. Il “referendum” sulle trivelle solleva punti delicati sul rispetto dell’ambiente da parte delle imprese petrolifere e non può essere trattato con sussiego come fa Renzi che invita all’astensione senza chiarire quali garanzie vi siano di mancanza di saccheggio ambientale e di devastazione delle spiagge e delle coste. Ma non solo: da molti anni in Basilicata vi è stato uno sviluppo forte ed impetuoso dell’industria petrolifera, ma lo stesso è stato realizzato a vantaggio esclusivo di imprese estere e di un cerchio magico locale (tra cui il compagno dell’ex Ministro, e tale persona non merita alcuna benevolenza visto che si permette di rilasciare frasi minacciose ed offensive a danno della sorella di Borsellino), come nei Paesi arabi, ma non a favore della popolazione e della Regione. E’ evidente che in Renzi vi è la mancanza di una politica industriale, in modo che ed il favore nei confronti delle imprese prescinde totalmente da una logica di sviluppo industriale complessivo. Emblematica è l’indicazione di preferire Marchionne a molti sindacalisti, in quanto il primo avrebbe fatto molte più cose per l’Italia di quanto fatto dai secondi: Marchionne ha ripetutamente leso i diritti dei lavoratori ed ha risanato i conti aziendali con trasferimento all’estero di sede legale e fiscale, e quindi mediante una profonda e preponderante delocalizzazione e mediante sinergie, anche geniali e con assunzione di un ruolo preponderante, con gruppi esteri, in un’ottica più finanziaria che industriale. Conferma che Renzi favorisce i gruppi forti di imprese senza preoccuparsi dell’interesse generale: rispetto a Berlusconi vi è più attenzione per quanto riguarda i profili istituzionali e minore compromissione soggettiva con gruppi inqualificabili, ma l’ottica è la stessa di un liberismo anche protettivo nei confronti dei grandi gruppi, senza una visione né competitiva né di direzione qualificata. L’opposizione non si dovrebbe concentrare sugli aspetti scandalistici, alcuni dei quali strumentali come la richiesta delle dimissioni della Boschi, questa volta estranea ad ogni profilo discutibile, in quanto l’assicurazione alla Guidi di far approvare l’emendamento rientrava nella linea economica del Governo. E la sua azione dovrebbe essere quella di ferma opposizione sugli aspetti istituzionali e sugli aspetti di politica economica e in questo caso industriale, ma con proposte costruttive che dovrebbero configurare gli estremi di un’alternativa. Lo scandalismo non è rigore ma è un succedaneo improprio del rigore, che al contrario richiede non moralismo o atteggiamenti ad effetto ma una grande forza a livello istituzionale e di politica economica ed industriale. Altrimenti, la critica distruttiva, anche giustificata, diventa sterile, propria di un’opposizione che tale vuole restare nell’eternità. L’accusa al Movimento 5Stelle di antipolitica non è strumentale ad una posizione di favore nei confronti del Pd, ma al contrario è una denunzia di una reciproca legittimazione (così come di un reciproco alibi) distruttiva a danno del Paese.