Giovanni Lenghini, Vice-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha posto il problema della magistratura che deve valutare le conseguenze dei propri provvedimenti, ed in particolare deve improntarsi a grande prudenza quando incide sull’impresa, per non porla in condizioni dannose irreparabili. Il primo punto riprende quanto già affermato da Napolitano da Capo dello Stato e si tratta di affermazione del tutto impropria, in quanto la valutazione delle conseguenze spetta al legislatore ed all’autore del fatto in esame, mentre la magistratura deve applicare la decisione sottostante alla legge –certamente i rapporti tra legge e attività giudiziaria sono tutt’altro che semplici e presentano una grande complessità, che richiede un approfondimento apposito in altra sede, peraltro che la magistratura non possa disattendere la decisione fondamentale sottostante alla legge è punto da non mettere in discussione-.
L’impostazione di Napolitano, seguita da Lenghini, si traduce in un’impunità degli esponenti dei poteri forti, in quanto sono proprio loro che, se oggetto di indagini penali e di provvedimenti, subirebbero conseguenze più profonde per sé e per le realtà che rappresentano, di rilevanza nazionale. Non è un caso che il dibattito aperto da Lenghini abbia dato la stura per lamentele contro (pretesi) atteggiamenti anti-imprenditoriali vigenti in Italia alla luce di ideologie marxiste e cattoliche. Un approccio sereno è venuto da Luigi Ferrarella su “Il Corriere della Sera” che ha evidenziato che il rispetto per le imprese condurrebbe ad una sorte di impunità: diverso il discorso (della necessità) di prudenza nell’assunzione di provvedimenti, discorso che vale per tutti i provvedimenti. Dal sereno approccio di Ferrarella si deve partire per un approfondimento sistematico: la soggezione dell’impresa alla legge comporta necessariamente, in caso di violazione, l’assunzione di gravi provvedimenti, proprio perché l’impresa è il cuore dell’economia, l’aggregatore dei diversi fattori dell’offerta in vista delle esigenze della domanda, il punto di incontro tra domanda ed offerta. Se vi sono gravi elementi di sospetto, proprio perché le conseguenze di persistenza nella violazione sarebbero devastanti, diventa assolutamente giustificata l’assunzione di provvedimenti cautelari dagli effetti gravi: meglio effetti gravi adesso che effetti devastanti poi.
Ed allora, cosa vuol dire prudenza? Vuol dire non ponderazione degli effetti, già effettuata dalla legge, ma semplicemente ragionevolezza del provvedimento da assumere, ma semplicemente ragionevolezza nel valutare la sussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge per l’emanazione del provvedimento. In caso di provvedimento definitivo, si tratta di ragionevolezza priva di autonomia rispetto all’esatta applicazione della legge: nei provvedimenti provvisori, la ragionevolezza ha evidente ed autonoma pregnanza consistente nella previsione anticipata, sulla base di elementi parziali, della sussistenza dei requisiti. Ma è una pregnanza di ragionevolezza che si risolve in una grande prudenza, senza che la situazione cambi se il destinatario del provvedimento è l’impresa: che l’impresa abbia diritto ad una maggiore prudenza rispetto ad un ordinario cittadino è l’evidente segno di una giustizia di classe, all’esatto contrario di una valutazione classista a favore del soggetti più deboli, imposta questa, come obiettivo generale della Repubblica, dall’art 3,2° comma, Costituzione. Se il danno dell’impresa ha conseguenze dirompenti per l’economia tutta, il danno a carico del cittadino lacera il tessuto sociale e mette in crisi le fondamenta della convivenza sociale. Occorre non dimenticare che la responsabilizzazione rigorosa dell’impresa, in ottemperanza al riconoscimento del rischio d’impresa ed alla necessità che il rischio vada a carico del soggetto che lo governa e lo gestisce, non solo ha valenza sociale ma anche risponde a principi di civiltà giuridica del riconoscimento dell’esigibilità della prestazione. Il tentativo, qui criticato, di creare una sfera di protezione a favore dell’impresa, non solo è un fenomeno di lotta di classe a favore dei privilegiati, in un’ottica anticostituzionale, ma anche sovverte i principi di responsabilità e di nesso tra potere e responsabilità, rendendo l’istituto della responsabilità un mero simulacro e facendo così saltare l’intero diritto privato. Resta sacrosanto il richiamo alla prudenza, ma per tutti: prudenza che nient’altro vuol dire che rigore nell’accertare i fatti costitutivi delle situazioni di fatto; è il rigore della scienza giuridica e non il suo affievolimento, come vuole invece l’orientamento qui criticato.