Il grande evento del “referendum” greco, in cui il popolo è stato chiamato a votare su un programma economico imposto dall’Europa e dai grandi ed inammissibili sacrifici e si è espresso contro tale programma (confermando quindi il programma con cui Tsipras aveva vinto le elezioni), cambierà forse la Storia dell’Europa, dell’Occidente e della Grecia, anche se Tsipras è stato costretto poi dall’arroganza della Merkel a cedere: ma quello che è certo è che ha costituito un’occasione di democrazia eclatante e formidabile, e così oltre agli scenari futuri si ritorna alla democrazia ateniese ed al suo modello, unico ed irripetibile. In definitiva, si è riaperto il dibattito sul concetto di democrazia, sulla democrazia classica con forti elementi di democrazia diretta, e a monte sul classicismo e sullo spirito dei classici. Così, esemplare è la posizione della sinistra radicale e comunque non moderata che acclama il trionfo della democrazia (addirittura della democrazia sul capitale, come ha scritto non senza enfasi lo scrivente), sia come democrazia diretta, con il richiamo al popolo su questioni fondamentali sia come democrazia intesa quale valore assoluto e fondamentale che ha il sopravvento su qualsiasi altro (in questo caso il potere economico): Luciano Canfora, illustre classicista questa volta ha esaltato la democrazia ricollegandosi al quella ateniese (di cui nel passato aveva sempre evidenziato con estrema ed eccessiva severità i limiti). Così, il fronte unico moderato e liberale, rafforzato da esponenti di sinistra (?), ha reagito in modo virulento, evidenziando che quella dei greci è mera retorica, in sintonia con la peggior tradizione del mondo ateniese (Pierluigi Battista), che la democrazia non è nata in Atene, che quella ateniese non era in effetti tale, che il miglior pensiero ateniese, rappresentato da Platone e da Aristotele, era antidemocratico (Umberto Curi, marxista, che addirittura arriva a sostenere, sulla base di etimologia, che “cratos” significa forza e non solo potere, e che “demos” rappresenta la parte peggiore del popolo, su posizioni non dissimili Claudio Magris), mentre in un crescendo rossiniano si evidenzia che democrazia non significa solo fiducia del popolo verso il Governo, ma anche fiducia tra Governi europei (l’ex Giudice Costituzionale Sabino Cassese), perché gli Stai Uniti d’Europa stanno diventando realtà, anche più importante di quella americana (Michele Salvati). E’ evidente che passato, presente e futuro così si intrecciano, correndo il rischio di commistioni. Occorre essere chiari: ad Atene vi fu la prima forma di democrazia, con l’introduzione della centralità del popolo e delle sue determinazioni a mezzo di deliberazioni e di confronto. Si tratta, come è evidente, della democrazia come metodo e come decisione. Certamente, era una forma incompleta e parziale, mancando l’uguaglianza e mancando la tutela delle libertà. Più in generale, la forza non conosceva il limite del diritto: ma democrazia e ragione erano fondate e facevano il loro ingresso prepotente nella Storia.
Democrazia e classicismo costituiscono un binomio inscindibile. Perché essi si sviluppassero è stato necessario l’affermarsi della democrazia rappresentativa, dello stato di diritto e del costituzionalismo, ma questi sono stati introdotti con il capitalismo e la sua necessità di rompere gli schemi feudali e dello Stato assoluto. Una vola entrato in crisi il capitalismo, lo stesso deve liberarsi di ogni vincolo e limite all’arbitrio, di qui la necessità di devitalizzare la democrazia rappresentativa, lo stato di diritto ed il costituzionalismo e di renderli minimali e fittizi. Il classicismo e la democrazia assoluta proprio per la loro natura rigida rappresentano degli ostacoli insuperabili: da loro può nascere una tutela della democrazia rappresentativa, dello stato di diritto e del costituzionalismo, questi di grandissimo valore ma disarmati di fronte all’arroganza ed all’arbitrio del capitale, e che necessitano quindi di un puntello assoluto e vigoroso rappresentato dall’unione tra centralità del popolo e razionalità. La circostanza che si tratta di valori ritornati centrali dopo due millenni conferma che sono valori assoluti e cogenti ma astratti e così privi di concretezza. E qui che il marxismo mostra la sua grandezza ed il suo insuperabile (al momento) limite: da un lato ha mostrato la divaricazione tra capitalismo e democrazia e l’inconciliabilità tra di loro, ma dall’altro non ha saputo valorizzare la democrazia e salvaguardarla in modo intrinseco e non strumentale. E da qui si deve ripartire.
P.S. In tale ottica, non è superfluo fare un parallelo tra i protagonisti attuali a e i classici. Tsipras non può essere paragonato ad Achille, invincibile e spietato, in quanto è il capo di un piccolo Stato. Ricorda piuttosto Ettore, grandissimo eroe sconfitto che si spinse fino al supremo sacrificio per adempiere al suo dovere. Ed il sacrificio non fu inutile: da Troia, che resistette fino all’ultimo sulle orme di Ettore e cadde solo per un inganno, nacque, grazie ad un personaggio di minore spessore rispetto allo stesso Ettore, vale a dire Enea (oggi Varoufakis?), l’esempio luminoso ed immortale di Roma. Gli avversari di Tsipras non hanno certo la grandezza degli eroi, anche negativi, greci: la Merkel, con la sua sanguinaria volontà di ritorsione ai danni della Grecia, ricorda piuttosto Lady Machbet, e Hollande e Renzi, più moderati, ma che non hanno il coraggio di mettere in discussione il modello vetusto dell’Europa tedesca, ricordano piuttosto gli ignavi di Dante. Solo Draghi, con la sua sagacia, priva peraltro di un disegno strategico sottostante –non per colpa, ma per vincoli della propria carica- ricorda Ulisse.