L’ironia, implicita, del titolo non può essere compresa dai giovani ed anche da chi, pur non essendo proprio giovane, è nato dopo gli anni ‘50.
Ebbene, si sveli l’arcano: nell’immediato dopoguerra e fino alla caduta dei primi miti, all’originaria versione di “Bandiera Rossa” si erano aggiunte alcune strofe, una delle quali recitava “E se la Cina ci dà il fucile……, guerra civile” e lo stesso “leit-motiv” riempiva altra strofa relativa al cannone (assonante con “rivoluzione”) ed alla Russia. Poi dopo, caduti o comunque appannatisi i primi miti delle rivoluzioni realizzate, la prima parte della strofa fu prudentemente sostituita con una meno compromettente “Avanti o popolo, dov’è il fucile ………………..”, e stesso discorso riguardava la strofa relativa al cannone. Questa ultima versione era molto in voga a partire dal ’68 e per tutti gli anni ’70, quando lo spirito antagonistico, sovversivo e rivoluzionario si era finalmente liberato di ogni mito autoritario e di ogni relativa incrostazione.
Tanti decenni dopo, con uno di quei meravigliosi paradossi che solo la Storia ci può dare, la Cina è in grado di fornirci un aiuto economico formidabile, fornendo centralità, per la via della seta, ai porti di Genova e Trieste. In tal modo, vi sarà una propulsione economica di tutto l’indotto dei due porti e di tutte le aree ruotanti intorno ad essi: non è azzardato pensare che lo sviluppo riguardi tutto il mondo del Nord ed anche Emilia-Romagna e Toscana), entrambe strettamente collegate ai due porti, la seconda almeno nella parte fino a Firenze). Vi saranno apporti di capitale cinesi ed altri apporti indotti ed ingenti vi sarà uno sviluppo di affari e commerci, con i due profili (apporti di capitale ed incremento di affari e commerci) che, per quanto ovvio, si sosterranno a vicenda.
La Cina può ricostituire il capitale italiano, inteso il termine “capitale” nel senso squisitamente marxiano (1), in modo ponderoso e di grande efficienza.
Ovviamente è una ricostituzione questa che comporta indefettibilmente il dominio della Cina sull’Italia e su ciò si tornerà “infra”
In un vero e proprio crescendo rossiniano, addirittura, tra i 5Stelle vi è chi, anche ad altissimo livello, pensa all’idea, solo apparentemente balzana, di ricorrere alla Cina per il sostegno del debito pubblico.
Sul primo punto, l’America è contraria in un’ottica di contrapposizione con la Cina: a dire, il vero, anche l’Europa (intesa come Germania e Francia) è contraria, ma l’impostazione sottostante alle due contrarietà è profondamente diversa.
Quella dell’America rivela l’opposizione politica alla Cina, la quale porta affari e cointeressenze, mentre l’America esercita un’egemonia affatto unilaterale.
D’altro canto, l’Europa si dissocia dall’America sì, e vuole mantenere il rapporto privilegiato con la Cina ed accettare la via della seta, ma solo al di sopra delle Alpi. E pertanto vuole mantenere l’Italia in posizione di soggezione ed anzi di soggiogamento. E’ l’Europa, quale non comunità sovranazionale, come ci vogliono contrabbandare, ma quale imperialismo tedesco supportato dalla Francia.
La Cina sta sostituendo l’America e quindi potrà man mano sostituire l’America nel comando in Europa. L’Impero tedesco resterà tale solo in via nominale: la sua natura soltanto nominale è evidente già adesso. La Germania ha costruito l’Europa pensando di conquistarla e finalmente di dominarla, ma è riuscita in tale obiettivo perseguito dalla Prussia prima e da Hitler poi (sia ben chiaro non si vogliono accomunare le due fasi storiche, ma un approfondimento storico non può che essere realizzato solo nel momento in cui si affronta il nodo della Repubblica di Weimar) solo quando l’Europa si è disfatta: grande disegno e grande forza nei tedeschi, ma zero intelligenza politica.
Per inciso, nel passare al secondo punto, e così è realistico l’appoggio della Cina al nostro debito pubblico, in un’ottica non solidaristica ma imperialistica di sostegno di un Paese suddito.
Chiuso l’inciso, sia pur temporaneamente ad anzi solo nominalmente, in quanto il problema del debito pubblico è indissolubilmente legato a quello dello sviluppo economico, è evidente per il primo punto che così il problema è politico, di scelta (“rectius”, tra) di Imperi: nessun rimpianto a lasciare l’Europa, che anche sulla problematica della via della seta ha dimostrato che essa si esplica esclusivamente in termini di violazione costituzionale e di lezione della parità, almeno a livello costituzionale, all’interno del Trattato.
La Cina, nel momento in cui ha l’unico sviluppo non oppressivo dell’esterno ed in tale ottica vuole risollevare l’Italia, mostra la fallacia dell’Europa e dell’Occidente e comunque la loro caducità: ammesso che abbiano avuto un senso, ora sono entrambi al capolinea.
Non è priva di imperialismo come invece riteneva Giovanni Arrighi. E’ un imperialismo suadente e non oppressivo, vale a dire è un imperialismo che tutela i propri Stati sudditi, ma è sempre imperialismo, in quanto rispondente sempre ad una logica di decisione unitaria: in termini marxiani, si sarebbe tentati di definire il modello cinese quale forma di accentramento formidabile di capitali in chiave anche politica: fino al momento in cui si riuscirà, se si riuscirà, a riformulare le categorie del “Capitale” (inteso come opera eterna ed imperitura di Marx, anche se bisognosa di profondi aggiornamenti), è bene rifugiarsi al di dentro del concetto di imperialismo, sempre utile, anche se non esaustivo.
L’Occidente è finito e sta nascendo una nuova epoca. L’Italia deve calarsi entro tale fase -e così si conferma in termini entusiastici anche il secondo punto- e viverla in pieno, cogliendone gli aspetti profondi di convenienza: la rinunzia alla sovranità che ne consegue -e così i due punti di cui sopra si uniscono tra di loro in modo inestricabile- è certamente inevitabile ma è anche solo nominale, “rectius” è tale da tradursi in un mero cambio di soggetto esterno dominante, essendo l’Italia stessa da tempo priva di sovranità.
Che la Cina sia molto più arretrata dell’Europa e dell’Occidente in termini di civiltà e di conquiste sociali non rileva affatto per due ragioni.
Da un lato la civiltà e le conquiste sociali si stanno dileguando anche in Occidente. Dall’altro, si sta creando una nuova fase di dislocazione del potere e dei rapporti internazionali, in diretta e pedissequa applicazione delle tendenze del capitale finanziario. Con “Brexit”, secondo la lettura che viene sostenuta anche dallo scrivente, vale a dire che la stessa Brexit non è un mero errore, ma è il frutto di una scelta precisa e lucidissima, il capitale britannico si sta separando drasticamente da quello europeo e da quello americano, per porsi in termini sinergici con quello cinese.
Tale nuova dislocazione, se non consente ancora di affermare che si sta andando oltre Oriente ed Occidente, è ciò nondimeno suscettibile di creare situazioni in cui al capitale finanziario si potranno apporre limiti attualmente non possibili, in quanto il capitale finanziario ha creato meccanismi ed istituzioni che ha occupato completamente: con un rapporto più armonico tra Oriente ed Occidente, anche se sempre capitalista, si apre una fase così nuova che l’idea di forti limiti non è più da trascurare: ciò rimandando a successiva fase un rivolgimento totale delle strutture, con passaggio ad altro superiore sistema.
(1). Il termine “capitale” viene inteso nel testo nel senso squisitamente marxiano, non quindi di beni strumentali e di mezzi finanziari posseduti, ma di rapporto di produzione. In Italia vi è ora un rapporto di produzione capitalistico vittima dell’imperialismo ed in via di totale disfacimento, mentre la Cina può dotarci di un sistema capitalistico efficiente e robusto, sia pure dominato “ab externo”, vale a dire dalla stessa Cina.