IL SISTEMA FISCALE
Sul sistema fiscale il P.U., dopo avere dato una serie di banali informazioni tecniche, sostiene ancora che sarebbe buona regola di governo tendere al pareggio di bilancio, ovvero curare che di media le entrate pubbliche (in massima percentuale entrate fiscali) pareggino le uscite pubbliche almeno nel giro di non molti anni. Ammette tuttavia che, da un lato, ciò purtroppo appartiene ormai alla preistoria dei bilanci pubblici, e, dall’altro, che risponde a buona amministrazione accendere debiti pubblici non solo per fare fronte a situazioni eccezionali, ma anche semplicemente per tirare fuori il paese da una fase di recessione profonda e quando l’inflazione è sotto controllo. E’ questa la politica dei così detti “stop and go”: go, quando c’è recessione e l’inflazione è sotto controllo, stop quando l’inflazione ricomincia a salire, recessione o non recessione. Il P.U., comunque, nell’interesse e nell’ottica dei soli ceti possidenti, manifesta estrema ostilità verso il debito pubblico (v. voce relativa) e suggerisce di fare quadrare il bilancio aumentando le entrate pubbliche, fiscali e non fiscali, o tagliando la spesa pubblica, quella sociale in primis, accusata di essere “improduttiva”.
Sulla politica fiscale, poi, il P.U. sostiene che il prelievo dovrebbe essere il minore possibile sui Redditi da Capitale (oggi gravati da uno scandaloso 12,50% che diventa zero% se i titoli restano abbastanza in portafoglio prima di essere ceduti nuovamente) e sui patrimoni (oggi, zero), e comunque basso sui Redditi da Capitale (oggi gravati dal 50% in su nel caso delle imprese medio-piccole, quelle che meno ricorrono a strumenti sofisticati di abbattimento legale dell’imponibile). Ecco perché oggi i Redditi da lavoro sono gravati con uno scandalosissimo 20-25% che diventa addirittura un 40-45% nel caso di stipendi sui € 25.000 annui. L’idea di base è infatti che i “Risparmi” vanno favoriti per 1)contenere deflattivamente la Domanda interna e 2)fare aumentare l’Offerta di Capitali sul mercato della Moneta, tenendo così basso anche il saggio di interesse, e 3)favorire gli Investimenti rendendo nel contempo 4)più competitive le imprese nazionali.
Tagliando la spesa sociale e tollerando nel contempo una forte incidenza percentuale della corruzione politica e amministrativa sulla spesa pubblica per fidelizzare la casta politica a queste stesse scelte, nonchè gravando le imposte quasi esclusivamente su lavoratori, pensionati, ceti medi e imprese, il saldo costi/benefici diventa sempre più passivo per il mondo del lavoro (Profitto + Salario) e favorevole solo alla Rendita e ai tradizionali ceti possidenti, peraltro seminando, prima, ed alimentando, poi, la trappola della non-rimborsabilità del debito pubblico in cui siamo ormai prigionieri da troppo tempo (v. appresso e voci correlate).
A questo sfacelo va pure aggiunto il paradosso della evasione fiscale italiana per cui oggi la nostra pressione tributaria è, al netto della evasione fiscale, circa 3 punti percentuali sopra la media UE e, al suo lordo, … ben 20 punti sopra! Come dire che se domani tutti gli evasori fossero presi da una resipiscenza ipnotica e confessassero spontaneamente i loro veri imponibili occorrerebbe immediatamente ridurre di almeno un terzo le imposte nominali per evitare il collasso dell’intera economia nazionale!
Corruzione, criminalità ed evasione servono altresì a deviare le critiche in senso ingenuamente giustizialista o perfino qualunquista-autoritario, e, dunque, reazionario. Anche su questi temi si consiglia però di rivolgersi alle corrispondenti voci della sezione “come funziona davvero l’economia”.