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GLI INVESTIMENTI

Il P.U. cerca innanzitutto di accreditare l’idea che siano “Investimenti” sia gli impieghi di denaro che consistono nell’acquisto di beni e servizi direttamente strumentali alla produzione per il mercato, sia gli impieghi di ricchezza comunque rivolti all’acquisto di immobili, titoli e valori mobiliari, inclusi gli impieghi esclusivamente speculativi della ricchezza.

A questo punto, insiste nella sua visione ingenuamente mercantile e avanza la tesi per cui gli Investimenti sarebbero funzione inversa dei loro costi (tra cui fa primeggiare il costo del denaro: l’interesse) e non funzione diretta della Domanda interna al saldo dell’Export-Import, com’è invece. La Domanda, per il P.U., sarebbe invece solo fattore di inflazione e questa viene quindi letteralmente demonizzata dal P.U. per convincere, da un lato, della necessità di dare assoluta priorità al suo contenimento, e, dall’altro, che sia possibile perseguire una espansione ad inflazione-zero privilegiando i Risparmi (i ceti possidenti ed i detentori di Capitali) e comprimendo i Consumi popolari interni pubblici (welfare) e privati (retribuzioni) per contrarre progressivamente le imposte sui Redditi da impresa e sui Redditi da Capitale, nonché per ridurre i costi di produzione (retribuzioni, saggio di interesse e imposte) ed acquisire una sempre maggiore competitività (in realtà solo “stracciona”) da spendere sui mercati internazionali.

Un metodo chiamato sinteticamente “bassi salari + Esportazioni”.