L'INFLAZIONE
A proposito della inflazione va subito chiarito che non si tratta affatto di un fenomeno spontaneo e quasi automatico, come vorrebbe invece lasciar credere il P.U. svolgendo le sue analisi in un ipotetico mercato di concorrenza perfetta che non esiste ormai da secoli e che mai tornerà ad esistere.
Noi oggi viviamo nell’oligo-monopolio, ovvero in una realtà dominata dai trust e dai loro accordi di cartello in quasi ogni settore merceologico, mentre le imprese esterne rispetto ai trust vivono il prezzi fissati in cartello come delle realtà di fatto “date” e su cui non possono influire e meno che mai possono farlo vendendo a prezzi più bassi, stante la ridottissima quota di mercato da loro copribile.
I trust, a loro volta, fissano di regola i listini all’ingrosso in funzione dei responsi del marketing limitando l’Offerta a quei più bassi livelli ai quali possono trasferire sui prezzi tanta tensione esercitata dalla quota di Domanda così da loro lasciata scientificamente insoddisfatta da lucrare il massimo profitto percentuale rispetto ai Capitali da loro Investiti (così detti “extra-profitti da oligopolio”), mentre con la pubblicità tentano di fare accettare dai compratori prezzi sempre più alti “pompando” ulteriormente così i loro extraprofitti.
E’ la stesa logica della distruzione periodica di arance e pomodori, solo che non-produrre qualcosa è molto meno “visibile” di distruggere parte di ciò che la natura e non l’uomo ha creato, essendo possibile coglierlo solo con l’occhio della mente, e si verifica in questi casi una “inflazione da oligopolio”, accanto alla quale esistono pure, dunque, una disoccupazione da oligopolio e un sottosviluppo da oligopolio!
Orbene, da queste acquisizioni discende pure che è per questo che le fasi espansive sono necessariamente anche (e non solo) inflattive, ma discende che lo sono non a causa della Domanda, bensì a causa delle politiche tariffarie dei trust, le quali sono dunque contrastabili (e vanno contrastate) solo con il calmiere all’ingrosso e l’antitrust!
Che dire allora della “stagflation”, ovvero della inflazione a una cifra che stranamente accompagna fasi recessive, come accade nella UE da almeno 15 anni? A rigore si tratterebbe di un fenomeno tecnicamente impossibile, visto che quando la Domanda cala il marketing segnala di quanto contrarre Offerta e prezzi per continuare a conseguire il massimo profitto percentuale nelle mutate peggiori condizioni. L’arcano si spiega infatti con la scelta dei trust di contrarre ogni volta volontariamente l’Offerta più ancora rispetto alla contrazione della Domanda che si sta registrando sul mercato al preciso fine di mantenere e regolare il tasso di inflazione preferito pure nelle fasi recessive. Per comprendere il perché di un simile comportamento bisogna considerare:
1)che i trust sono anche fortemente finanziarizzati essi stessi e per giunta integrati in un unico “club” con le grosse banche loro “sorelle” da cui ricevono Moneta creditizia senza limiti ed a costo effettivo intergruppo pari a zero. In una logica di gruppo, dunque, il prodotto sociale di cui non riescono ad appropriarsi in conseguenza della porzione di extraprofitti che va così perduta, viene più che compensata dal maggiore signoraggio cartolare (v. appresso la voce “il Credito”) consentito dal contesto deflattivo-recessivo che creano con la stagflation e con la omertosa complicità delle compagini di governo che insistono poi a contrastare sempre e comunque con la deflazione (recessiva) anziché con il calmiere all’ingrosso e l’antitrust la pur bassa inflazione che i trust provocano ed alimentano volontariamente;
2)che un contesto di inflazione strisciante mista a recessione e nel quale oltretutto retribuzioni e pensioni non recuperano con aumenti nominali tutto il terreno perduto con l’inflazione, gli equilibri politici si spostano gradualmente a vantaggio dei trust finanziarizzati sia nei rapporti con le maestranze organizzate, sia nei confronti delle imprese esterne rispetto ai trust, di cui possono rastrellare sempre più facilmente ed a prezzi da fallimento i pacchetti di controllo a misura che la recessione le manda in decozione;
3) che la deflazione recessiva prolungata distrugge progressivamente anche il tessuto democratico vincolando alla elite creditizio-finanziaria politici e media, che sono sempre più ricattabili quanto più si impoverisce il paese.
Aggiungiamo poi che l’inflazione è stata sottostimata ufficialmente da oltre 15 anni di almeno 3 punti percentuali ogni anno, con la conseguenza che le retribuzioni e le pensioni nominali sono state reintegrate solo nella minore misura dell’inflazione rilevata ufficialmente, provocandone la erosione nascosta al ritmo del 3% composto annuo, il che ne ha comportato la contrazione in termini “reali” di oltre il loro 60%, portando anche alla corrispondente sovrastima ufficiale del nostro PIL “reale” ed all’occultamento della recessione in atto. E poiché la spesa pubblica nominale è stata maggiorata anch’essa ogni anno della stessa percentuale, anche la Domanda pubblica a disposizione delle nostre imprese sul mercato nazionale si è contratta della stessa misura in cui si sono contratti i Consumi privati, provocando così la corrispondente contrazione degli Investimenti produttivi ed una contrazione degli ammortamenti ancora maggiore, nonché la espulsione crescente di mano d’opera dal mercato del lavoro e l’aumento della precarizzazione e del lavoro “nero”, mandando in progressiva decozione le nostre imprese, messe in difficoltà crescente sui mercati internazionali da un euro che intanto si rafforzava sempre di più. E’ più chiaro, adesso, il quadro delle complicità politiche, sociali, scientifiche e mediatiche richiesto dal protrarsi della stagflation?